Poesia di Gustavo Tempesta Petresine[1]
La tuppanara
Chə viè facènnə sott’a chèssa terra
ca scarufènnə vié senz’uocchie e lucə,
senza canoscə chə d’è pacə e uèrra
e t’affatìchə senza truvà pusə.
Quanda cavùtə ‘mmiezz’ a quìssə pruatə!
D’addù tə vé tutta ‘ssa fandasìa
dəjə scavènnə sèmbrə ‘nnienzə e ‘rretə
jènnə cərcànnə qual’ è la juscta via.
Forsə chəmmuò nə siè ca ‘n gimə all’erva
nascə rə sciorə e zomba rə cardìllə
e fruscəjènnə rə ciéllə vola vola
ajèpra l’alə e canda ‘nziémbrə a quillə
O forsə chəmmuò scènnə a primavera
sié visctə quissə cielə cup’e nirə
e sott’a chessa terra scura e avara
tə sié arrəfəcchièta ‘nzərrannətə rə corə
E schiévə e schievə e schievə
e chiù t’affunnə
e chiù lə scùrə tə z’abbərrìta attòrnə.
La vita la sié fatta ‘nə zuffùnnə
dendrə a ‘ssa nottə nera senza juòrnə.
La talpa
Che cosa fai sotto questa terra
che vai scavando priva di occhi e luce
senza conoscere cos’è pace e guerra
affaticandoti senza mai riposo
Oh! Quanti buchi nel mezzo del prato
da dove ti viene questa fantasia
scavando avanti e dietro
sperando di trovare la giusta via
Forse perché non sai che sopra l’erba
nascono fiori e salta il cardellino
e frusciando, la coccinella
apre le ali e canta insieme a quello
O forse perché uscendo in Primavera
hai visto questo cielo cupo e nero
e sotto questa terra scura e avara
ti sei ficcata chiudendoti in te stessa
E scavi, scavi e scavi
E più ti affondi.
E più l’oscurità ti avvolge.
La vita l’hai passata costringendola
dentro una notte cupa, ignorando il giorno.
Commento alla poesia di Leonardo Tilli [2]
Si diceva che lo “struzzo” metteva la testa sotto la sabbia, … per non vedere …, con gli annessi maldicenti riferimenti a comportamenti non corretti di alcuni individui.
Ma lo struzzo e la talpa, seguono, per istinto, ciò che la loro natura, le loro abitudini, le loro strategie di sopravvivenza li spinge a fare. Il loro comportamento è quello, è identico in tutte le latitudini, sembra che non vi siano state evoluzioni dissimili.
Ma, la “poesia”, in genere, trasfigura la realtà, o meglio, il poeta si serve spesso di una certa realtà concreta, per riferirsi ad altro, talvolta, senza esplicitarlo …
Altre volte invece il poeta dice, o fa capire, a cosa vuole riferirsi, e altre volte ancora, vuole esprimere solamente quello che noi leggiamo, senza riferimenti, senza allegorie …
Ma io che leggo la poesia, devo cercare di capire le motivazioni nascoste del poeta? Io “penso di no”. …
Per gustare una poesia, per prima cosa, secondo me, ogni poesia la leggo quando, per un attimo, mi sono spogliato da tutti i problemi e da tutte le preoccupazioni che mi riempiono la giornata. …
Poi, mentre leggo, devo essere concentrato, per poter capire, verso per verso, parola per parola, sillaba per sillaba, la poesia che sto leggendo. Ogni suo elemento, può suscitare in me emozioni, sentimenti, stati d’animo particolari, in genere piacevoli e personali che mi fanno stare bene, che sprigionano in me sentimenti positivi, che mi fanno piacere la poesia e mi fanno collegare le cose lette al mio vissuto, piacevole o spiacevole non importa, ad immagini che … fanno parte di me.
Questo lavorio interiore, secondo me, fa parte della mia interpretazione personale di quella poesia.
Cosa è avvenuto?
In un certo senso, credo che la stessa libertà del poeta si sia trasferita in me. Questa mia libertà di intendere può discostarsi anche molto da quanto il poeta ha voluto comunicare e chiarire primariamente a se stesso, ma ciò a me non deve interessare, le mie emozioni, provocate in me dalla poesia, sono le uniche cose che contano per me lettore, … perché sono le mie.
Il resto potrà essere più bello ed interessante non solo per l’autore ma anche per altri lettori, ma sono emozioni di altre persone e, per la mia interpretazione della poesia spesso, possono avere niente in comune, in questo caso, le mie emozioni sono sempre al primo posto, almeno per me.
Cosa mi è piaciuto di questa poesia?
Tutto! …
Grazie Gustavo Tempesta Petresine
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[1] Gustavo Tempesta Petresine, Molisano di Pescopennataro (IS), si definisce “ignorante congenito, allievo di Socrate e Paperino”. Ama la prosa e la poesia, cui dedica molto del suo tempo, con risultati eccezionali, considerati i premi conseguiti e la stima di tutti.
[2] Leonardo Tilli, abruzzese di Fraine (CH), universitario a Urbino, conseguita la Laurea, è costretto a emigrare a Bergamo, in Lombardia, dove dapprima esercita il ruolo di Professore e, poi, di Preside, fino al collocamento a riposo. Ora si diletta a riscoprire antiche mai sopite emozioni legate alla sua amata terra nativa.
Editing: Enzo C. Delli Quadri
Copyright Altosannio Magazine
Non capisco bene il dialetto, ma la traduzione mi sembra perfetta. Io sono della provincia de’ L’Aquila, scrivo poesie anche io e
apprezzo molto la poesia in qualunque forma è sempre l’espressione dell’anima. Questa rubrica è molto bella. Complimenti.
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Grazie Iva. Se anche le tue poesie attengono, direttamente o indirettamente, al nostro territorio o in generale all’Abruzzo, saò lito di pubblicarle. Puoi inviarle ad ad almosava@gmail.com oppure enzocarminedelliquadri@gmail.com.
Ciao
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Un po’ triste e particolare questa poesia, pur parlando della bellezza della natura con fiori e uccelli e coccinelle che volano e cantano…ma la talpa dà proprio l’idea a volte di gente che si SOTTERA SCAVANDO GALLERIE E BUCHE NEL SOTTOSUOLO quindi quasi volontariamente estraniandosi -nella solitudine- dal contesto umano dove ci sono anche pace e/ o guerra …Mi fa pensare che la talpa non riesce a guardare il sole e la luce per sua naturale sorte, mentre noi uomini-me compresa- a volte vediamo il bene, ma scegliamo il male… per laFORZA DEL DESTINO!? COSì il poeta OVIDIO NELLE METAMORFOSI “VIDEO MELIORA, PROBOQUE , DETERIORA SEQUOR: “vedo il meglio e l’approvo, ma seguo il peggio”. I versi pronunciati da MEDEA , la quale, pur conoscendo i suoi obblighi nei confronti del padre e della patria, decide di trasgredirli per amore di GIASONE. E stavolta NON sono MAESTRINA, ma anch’io talpa.
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