Filippini, Oratoriani: una pagina di Storia Religiosa

di Alessandro Delli Quadri [1]

Personalità complessa, alla ricerca costante di “convivenza armoniosa” tra il concreto dell’esistenza e la spiritualità cristiana, Filippo Neri (1515 – 1595) ha dominato l’epoca della Controriforma nei suoi aspetti religiosi e culturali. Popolarissimo a Roma dove si era trasferito, ancora giovane, dalla natia Firenze, discendeva da una famiglia impegnata nel sociale. Suo padre era notaio.

Semplice e sereno, burlone e faceto, era di un ascetismo integrale e coerente,  come dimostrò col suo attivismo pastorale. Fattosi carico, non solo a parole, della precaria situazione di tanti giovani allo sbando in una Roma cinquecentesca piena di contraddizioni, si impegnò totalmente al servizio di Dio  e dei fratelli, specie se giovani. E’ suo l’aforisma: “State fermi, se potete”, con il quale introduceva il discorso con i bambini. La sua santità si affinava continuamente nella quotidiana concretezza dell’esistenza con l’aspirazione alla vita cristiana perfetta mediante l’esercizio della carità. Il suo carisma risultò un punto di riferimento negli ambienti religiosi di Roma ed ebbe seguaci in ogni campo: penitenti, sacerdoti, figli spirituali, giovani senza famiglia.

La sua opera perseverante sfociò nell’organizzazione degli Oratori, istituzioni che coniugavano la carità operosa con l’attenzione specifica ai giovani ponendo così le basi della Congregazione dell’Oratorio. Questa, però, non era da intendere come un ordine religioso in senso tradizionale con struttura gerarchica e nel quale gli adepti emettono voti di obbedienza, di povertà e castità. L’adesione, non perpetua, permetteva di uscirne quando non ci si riconosceva più nelle linee guida. La Congregazione, poi, non si proponeva di esaurire al suo interno tutto il bisogno di spiritualità degli aderenti. Il fondatore trovava del buono in seno ad ogni “regola” monastica e ne accettava le motivazioni. Gli Oratoriani si diffusero in tutta Italia e nelle loro chiese favorirono la fondazione di associazioni laiche e confraternite affiliate agli Ordini religiosi diversi, quali i Trinitari, i Carmelitani ed altri.

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In Roma, all’epoca, operavano altri campioni della spiritualità operosa, la stessa che faceva brillare l’opera del Neri, in particolare il laico Cappuccino Fra Felice da Cantalice. Quando i due si incontravano i bambini che li attorniavano si fondevano in un solo stuolo e spesso capitava che i due fossero oggetto di attenzioni affettuose, cioè tiri birboni. 

In Agnone gli Oratoriani, detti anche Filippini, si stabilirono nella chiesa dell’Annunziata alla fine del ‘500. Nel 1630, come riportato su due lapidi di marmo poste sotto le acquasantiere, si adoperavano per creare luoghi di sepoltura all’interno della chiesa destinati ai confratelli e consorelle del Carmelo. All’incirca dalla stessa epoca iniziarono ad officiare anche nella attigua chiesa della SS. Trinità dove operava la Confraternita omonima. I due edifici sacri e i locali del convento finirono poi con l’assumere l’aspetto continuo di unico blocco che è tutt’ora conservato. Le manifestazioni di culto si tenevano all’Annunziata dove si venerava l’immagine del santo in abiti da celebrante, un classico dell’iconografia filippina. Il 26 maggio, giorno della festa, si svolgeva una processione caratteristica con la sacra rappresentazione dell’incontro fra le immagini dei due santi, Filippo e Felice da Cantalice.

Come accade in queste occasioni, il rituale col tempo si modifica e, ad interrogare gli anziani, si scoprono modalità differenti. Il luogo dell’incontro può variare, ma il lancio delle vainelle, cioè i semi di carrube, è sempre presente. In pratica all’incontro delle due immagini i bambini lanciavano sulle statue manciate e manciate di vainelle, come accadeva dal vivo per le strade di Roma. I ricordi degli anziani sono discordanti sul luogo del percorso processionale dove avveniva l’incontro. Alcuni avevano sentito parlare di una normale processione in onore di S.Filippo che si effettuava fino alla chiesa dei Cappuccini dove, per l’occasione, la statua di San Felice veniva esposta all’esterno.

Successivamente, a seguito di modifica del percorso, l’immagine del cappuccino veniva traslata, con proprio corteo processionale, e l’incontro avveniva a San Giovanni o addirittura al Borgo. La rappresentazione dovette, in seguito, dar luogo ad abusi tanto che il clero non partecipò più alla processione e le due immagini procedevano da sole, accompagnate da nugoli di bambini.

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Nel ‘700 agli oratoriani subentrarono i Caracciolini e l’immagine, rimossa dall’Annunziata, fu traslata a San Biase dove il culto continuò nelle forme che abbiamo ricordato. E la scelta di tale chiesa non è da ritenersi insolita in quanto, all’epoca, la SS. Annunziata rientrava nella giurisdizione di quella parrocchia.
In tempi più recenti si instaurò un altro uso, a devozione della famiglia Cerimele. Il giorno 26 maggio venivano distribuite scodelle di “pasta e fagioli” e questa distribuzione assunse carattere devozionale per cui prima di assaggiarne si recitavano opportune preghiere.
Tutto questo accadeva in Agnone.
Il 26 maggio 1595, all’età di ottant’anni, dopo lunga e dolorosa malattia, Filippo Neri passò a miglior vita. Fu canonizzato nel 1622.
Il messaggio di fondo che ci ha lasciato si può sintetizzare nella certezza che il raggiungimento della santità, attraverso l’accettazione gioiosa delle difficoltà esistenziali e delle sofferenze di ogni giorno, è proponibile a tutti e non solo ai predestinati.


[1]Alessandro (detto Sandro) Delli Quadri: era nato ad Agnone nel 1930. Vissuto per la maggior parte della vita a parma, in Emilia, non ha mai dimenticato le tradizioni, i fatti, i personaggi del nostro paese. È morto il 28/3/2014, all’età di 84 anni. Di lui restano pagine indimenticabili che ha pubblicato, oltre che su Altosannio, anche sull’Eco dell’Alto Molise e sulla Gazzetta di Parma.

Editing: Enzo C. Delli Quadri
Copyright Altosannio Magazine

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4 pensieri riguardo “Filippini, Oratoriani: una pagina di Storia Religiosa

  1. Racconto preciso nella ricostruzione storica, ricco d’informazioni. Leggendolo mi viene da pensare:”com’era Agnone a quei tempi?” le due foto del borgo ne offrono un esempio. Bravo, Sandro.

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  2. Ho letto con piacere questo articolo così attento e preciso sulla vita di San Filippo Neri, che io conoscevo, anche perché è un santo che ha speso la sua vita con i ragazzi, coi quali anch’io ho LAVORATO…
    Poi con “affaccio” qui e lì, sono arrivata a leggere solo ora l’articolo, pur così particolareggiato, di Enzo Carmine Delli Quadri del 2015 – quando io non ancora ero entrata nel Blog Altosannio.
    HO IMPARATO così che il nome “vainella! ( e carato) è solo il seme e NON il frutto intero, come invece si diceva al mio paese…
    Frutto che mi piaceva tanto da bambina, quando non c’era molto altro da comprare con 10 lire alle fiere di paese…Solo che io non facevo incetta di semi, come qualche ragazzino di AGNONE che li raccoglieva nella tasca dei pantaloncini corti, per gettarli nella nicchia di San Filippo… perché al mio paese il Santo non era molto venerato! – per quanto io ricordi-e non c’era la relativa festa!!!!
    Ma com’erano dolci e croccanti quelle vainelle della mia infanzia lontana … e non molto felice!

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  3. Ho condiviso il “pregevole documento” di “ALESSANDRO DELLI QUADRI”!
    Testo molto bello, colto, ricco di elementi rievocativi di antiche tradizioni, emerse da difficoltose ricerche locali che, attraverso i tempi, hanno subito cambiamenti, ed alcune di esse, purtroppo, non si praticano più in Agnone!
    Mi riferisco alla “sacra rappresentazione” “dell’ incontro delle immagini dei due Santi.” …
    Siamo grati ad ALTOSANNIO – ALMOSAVA e ad Enzo Carmine Delli Quadri che ci ha proposto questo splendido documento!

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