di Marisa Gallo
Da un’antica fantastica leggenda sul mio paese
Emblematica ed ispiratrice la foto segnalata da una mia cara amica del Canada: NU CIUCCIARIELLE, curato, bardato, quasi coronato…
“LU CIUCCIARIELLE E IL FALCO”
In un lontano passato, nel mio paese sempre aggrappato alla montagna come ora, le case erano meno e di sicuro più piccole, a parte le abitazioni grandi e signorili, che cmq non erano moltissime. Le unità abitative ospitavano in pochi metri quadrati famiglie per lo più patriarcali, numerose e ricche di bambini.
Il borgo, dal pianoro nel quale ancor oggi si trova la strada principale, da un lato si stende(va) verso il basso, aperto sulla valle del Trigno, dall’altro lato si inerpica(va) fino a raggiungere con una scalinata ripida, “lu macchie, cioè “colle marcheone” e oltre, fino alla bella pineta.
In questo rione, tra gli altri paesani, SI RACCONTA IN UN’ANTICA LEGGENDA, abitava una persona importante e coraggiosa, che all’occorrenza “sapeva” dirimere liti e contestazioni, che pure si verificavano fra gli abitanti, molti certo persone colte ed istruite, ma in prevalenza artigiani, e soprattutto agricoltori e pastori.
Questi ultimi allevavano nelle vicinanze delle case i singoli greggi, con un numero basso di capi, d’estate con l’erba verde degli orti e dei prati adiacenti e d’inverno col fieno dei campi coltivati lungo il pendio fino al fiume, ma anche con quello raccolto nelle piccole radure antistanti le abitazioni: piccoli angoli di terreno, che ad onor del vero servivano spesso anche per le comuni e fisiologiche necessità della famiglia, e specieper i bambini, che vi passavaNo il tempo con trastulli, giochi ed altro..
In primavera viole, margherite e rose selvatiche erano la passione infantile: sbocciavano spontanee e profumavano l’aria, sotto un cielo sgombro di nubi per la frequente ventilazione, proveniente dalla valle e dall’altra ripa del Trigno, costellata di molti altri borghi; e di collina in collina, lo sguardo raggiunge(va) il mare.
Anche i fienili d’inverno avevano diversi odori e profumi … Eh già, perché dalle erbe secche emanavano aromi, come oggi dai filtri delle tisane, che aromatizzate al miele la sera son così rilassanti, dopo una giornata stressante … Ma anche dagli animali che trovavano ricetto al piano terra delle case, sottostante alle cucine, si propagavano calore e “profumi”e / o lezzi…Dipendeva molto dalla sollecitudine dei proprietari a pulire più o meno frequentemente la stalla e trasportare il letame nei campi…
Soprattutto si ricoveravano presso le abitazioni, conigli, pecore e capre, che quel fieno brucavano nelle stalle, tanto che era facile sentirle ruminare anche di notte…
C’era al tempo la “distribuzione” del latte “porta a porta” …e il capraio con un certo numero di capi girando tutto il paese, si fermava presso le varie famiglie, mungeva il latte e lo consegnava caldo e schiumoso.
Parimenti deliziosa la bontà di bianche tremolanti ricotte, che nelle formelle si muovevano fino a raffreddamento completo, come pure i formaggi freschi. .
Gli altri animali: qualche asino, mucca o maiale, che pure rimanevano nelle stalle, specie d’inverno contribuivano a spandere calore, mentre un coro polifonico di voci: muggiti, ragli, belati seguivano al mattino presto, al canto del gallo, pronta ed attenta sentinella, immancabile a salutare il sole all’alba…
Non mancavano l’abbaiare dei cani, che facevano la guardia o semplicemente erano la compagnia dei proprietari cacciatori, i quali … allontanandosi alquanto nei campi coltivati e nei boschi verso la valle, o salendo più in alto verso la montagna e dentro la pineta, scovavano la selvaggina e/o “miravano agli uccelli…
Negli spiazzi delle case in paese era frequente lo starnazzare di oche e anatre, misto al chiocciare di pulcini, polli e galline, che svegiate dal re del pollaio, il gallo, accettavano lusingate la sua corte e razzolavano davanti alla casa, fra le granaglie sparse dalla generosa padrona.
Pur numerosi erano i piccioni, che molte famiglie allevavano nelle cantine o nei sottotetti delle case, e quindi molto spesso tubava or questa or quella coppia…Tutto “l’allevamento “casalingo ” era curato e serviva al consumo privato delle famiglie, perché il popolo andava poco “in macelleria” per il consumo limitato di carni e per le ristrettezze economiche.
Si viveva così quasi in armonia nel borgo… finchè un giorno, forse capitato per caso in paese , o “confinato” per motivi non meglio specificati, un forestiero si introdusse fra gli indigeni… Non era solo:possedeva un asinello ed un falco, da lui forse ammaestrato o semplicemente tenuto per compagnia!?
Non saprei; nella leggenda non è detto.
L’uomo fu “accettato” dalla comunità, che però forse senza “molte cerimonie “gli concesse un locale grezzo, assolutamente privo di ogni confort, lungo la strada del paese. E il forestiero vi si sistemò con l’asinello e il falco, attrezzandolo di persona di qualche pezzo di legno e di altro, come appoggio e base per mangiare, e di un giaciglio per dormire.
Un puro “francescano” solitario…divenuto presto “paesano”!
Niente da dire per l’asinello, piccolo e magro, che spesso si accontentava di quel che era stato lasciato dall’asino del proprietario, vicino di casa, al quale il forestiero faceva in cambio continui lavori d’ogni genere.
Insomma nu ciucciarielle bigio e mogio, parco anche nel raglio, da presepe…
Più intrigante era per tutti l’uccello, il falco, che l’uomo prendeva talvolta sul braccio … Cosa gli desse da mangiare non è specificato, ma forse si arrangiava con i piccioni in volo!?
L’uccello certo destava qualche curiosa attrazione, per il colore delle sue penne, per il becco adunco, nero e giallo; specie da bambini, avendo appreso a scuola che per “gli antichi Egizi era addirittura simbolo e incarnazione del potente dio Horus”… era temuto e ammirato; ed anche per il suo verso, con pigolii lunghi e acuti.
Però un giorno l’idillio finì e il falco portò scompiglio fra i piccoli animali da cortile del paese; preso da raptus distrusse le poche bestiole di una famigliola del vicinato; in particolare tutte le anatre.
Quel giorno lo sconosciuto si era allontanato verso la pineta, con l’asinello per far della legna, dimenticando forse di chiuderlo nella gabbia ..
< E’state cillerousce , lu falcone de cillerousce, quille che nen tè case, ch’ appicce lu fuoche proprie ‘mmezze a la grautte, andò abbete .. mentre eisse nen ce stave! > Fu la testimonianza cruda e schietta di alcuni ragazzi !!!
CILLEROUSCE era il soprannome” fantastico” che i paesani del tempo avevano dato al forestiero…Nè per la verità si è mai saputo il suo vero nome.
Fu un duro colpo per la famigliola, che aveva perso le sue anatre- piccola ricchezza di carne e di uova – ma anche un duro pugno allo stomaco per l’uomo, che al ritorno dalla pineta, col suo asinello carico di legna, si sentì “apostrofare” malamente e con veemenza.
La cosa finì “davanti al giudice”; il forestiero fu difeso a titolo gratuito da un noto avvocato, che abitava invece sulla strada principale del paese, ma con debole argomento a discolpa dell’uomo.
Eh, già ..< ” la causa la fanno i testimoni! >-si sentiva dire di solito; e purtroppo quel forestiero non ne aveva alcuno a suo favore! .
A dirimere la questione in pretura, esistente all’epoca in paese, fu proprio quel signore abitante verso la pineta.
Giudizio indiscusso: l’uomo denunciato dalla famiglia vicina, essendo proprietario del volatile fu ritenuto corrèo per il danno da quella subìto e quindi non avrebbe più potuto tenere con sè l’uccello, vero colpevole- che pertanto sarebbe stato portato verso la pineta…
Così fu! L’uomo, purtroppo con tristezza, dovette rinunciare alla sua passione antica, al suo compagno d’avventura, che per sua fortuna ebbe una singolare e inaspettata punizione,”la libertà”.. Senz’altro più felice il falcone, che volò in alto verso la Rocchetta e quindi a trovar compagnia attraverso la Selva, fino a Monte Mauro…
Da quel giorno- secondo l’antica leggenda – il mio paese cominciò ad essere ricordato come ” il paese del falco”
Poi via via divenne il “monte del falcone” e infine il nome fu unificato in MONTEFALCONE NEL SANNIO, perché nel frattempo, nel ricordo di tutti l’uccello …era diventato di bocca in bocca ..molto più grande di un falco pellegrino comune!
L’uomo restò ancora in paese, trovò una compagna ed ebbero 3/4 figli, con una vita però in grandi ristrettezze.
Quando io ero molto piccola sentivo raccontare da qualche anziano-quasi una magica scena di fiaba- di quei ragazzini, che vivevano tutti insieme in una grande stanza, poco più di un tugurio.
D’inverno accendevano sempre il fuoco in mezzo allo stanzone…quasi come una “farchia” che ogni sera si consumava allegra e fumosa, illuminando i loro visi e proiettando sul muro le ombre dei corpi, tutti intenti a mangiare…visibili dalla strada, spesso appena era buio.
Ma d’estate …Oh d’estate quei ragazzini, smilzi ed anche biondini e belli erano sempre in giro per il paese, pieni di vitalità e di inventiva.
Passando davanti alla loro”casa” si sentiva talvolta uno strano odore: spesso andavano fino al lago poco distante dal paese, ad “acchiappare” le rane-svelti e veloci più di esse- che poi a sera arrostivano …
Come, quando e dove i ragazzi abbiano continuato la loro vita, NON SO.
Fin qui l’antica leggenda, sul mio paese.
Tutto è cambiato e molto, oggi; il lago ha un aspetto diverso, sempre green,ma più raffinato e gentile: è diventato il “lago degli innamorati”…Si può fare anche il periplo passeggiando a piedi con assoluta comodità, in compagnia di alcune anatre, e volendo, si possono gustare specialità paesane, della cucina tradizionale, preparate da un giovane chef paesano, nel locale ristorante, che all’occorrenza può ospitare anche eventi musicali o di feste in genere.
Ci saranno nel lago le rane ancora!? Senz’altro, esse gracideranno nelle sere d’estate… ma non ci sono ragazzi che le “acchiappano” a guizzo!
Quei ragazzi da adulti si sono trasferiti altrove,e si spera abbiano vissuto una vita più agiata, e consumato carni diverse e alternative alle rane!!
Che perciò non spandevano più il piccante odore davanti a quella casa/stamberga, oggi ristrutturata.
Abbellite, ben tenute per la maggior parte dai residenti, non odorano più di animali- ormai quasi assenti dal paese- molte altre case, nonostante alcune restino chiuse durante l’anno e riaperte solo d’estate!
Dopo gli anni del boom economico intorno agli anni 50/ 60, alla poesia di voci bucolico pastorali è seguito il rombo di motori vari …Le vetture/cavalcature a quattro zampe son diventate sempre più rare, sostituite da vetture a quattro ruote, d’ogni tipo!!!!
Sembra impossibile, ma oggi si assiste paradossalmente al trasferimento di bestie da soma o ciucciarielli in macchina!… Così anche la transumanza …effettuata nell’Altosannio una volta addirittura col treno “transiberiana” .
Tutto è cambiato! Sarà raro vedere chi ancora conduce a capezza l’ asino o si fa trainare attaccato alla sua coda…Felice memoria lu ciuccialrielle di “ZI NICOLA”, canzone del folk che spopolava una volta alle sagre paesane.
Di certo è cresciuto il rispetto per gli animali, ma anche con la maggior diffusione di agi e comodità, ci si può permettere spostamenti più veloci, più mirati, di breve/ lunga durata. Merci, persone ed animali, tutti con mezzi terrestri, marittimi ed aerei.
Il ciucciariello odierno della foto – bardato con fronzoli, quasi coronato e meravigliato- mi ha richiamato alla mente quello-CERTO Più SFORTUNATO- del forestiero menzionato nell’antica leggenda sul mio paese… QUESTO sembra voglia ringraziare di non aver sofferto MAI fame e freddo in una stalla scura, di non aver portato mai pesi sfiancanti…anzi di essere stato privilegiato con una mangiatoia “bassa” cioè abbondante.
Ma la sua voce di ringraziamento sarà pur sempre un raglio…
Eh già, la natura ha categorie distinte e precise!
Chissà fra un po’ cos’ altro sarà dato di vedere; sicuramente raglieranno ancora gli asinelli, ma guai a tirargli gli orecchi!!!
Anzi non saranno sottoposti più a nessuna lunga e faticosa marcia!?
Mah… Magari trasferiti comodamente e/o portati d’estate, come compagni di viaggio, anche in crociera!?
Tutto è cambiato! su MONTEFALCONE oggi altri uccelli “umani, grandi e colorati” si librano in volo: molti giovani, ebbri e in libertà sulla valle del Trigno, fanno parapendio!
Ed oggi, sempre al mio paese, non si spandono più versi di animali… ma altre voci in coro rallegrano con suoni, balli e canti le sagre: i TOMA TOMA, che da 40 anni si esibiscono in “CASA” E ALL’ESTERO.
Tutto è cambiato! Può accadere oggi perfino che un rapace vero scenda a librarsi in volo, dalla Selva di Montefalcone, fra il campanile e le case del paese.. e un Paesano DOC riesca a catturarlo non col fucile, ma con l’occhio acuto e pronto di fotografo…che io ringrazio…
Che sia nibbio, poiana o falco è per tutti un regalo!
Originale e avvincente il racconto che sembra faccia scorrere com filmato un paese animato di animali che occupano tutti gli spazi e sono la vita degli uomini. E poi l’evoluzione fino ai nostri giorni che ha perso la poesia di un tempo e tuttavia l’autrice vi scova momenti di fascino. Bel lavoro, complimenti, Marisa.
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