Pillola di storia 10 – Ruota degli esposti – Tre muli e un asino

di Domenico Di Nucci
tratta da “Agnone, il paese dov’era sempre mezzogiorno”[1]

 

Ruota degli esposti

La prima ruota degli esposti in Occidente comparve nel 1188 in Francia, nell’ospedale dei Canonici di Marsiglia; in Italia durante il pontificato di Innocenzo Terzo, per porre rimedio ai ricorrenti ritrovamenti di cadaverini pescati nel Tevere fu istituita una ruota nel 1198 nell’ ospedale di Santo Spirito in Sassia.

Mentre nella seconda metà del 1800 in varie nazione ed anche in Italia un movimento di opinione suggerì di chiudere le ruote degli esposti e la città di Ferrara fu la prima, nel 1867 a chiuderla, in Agnone il 7 febbraio del 1852 il Decurionato (così era denominato il Consiglio Comunale) per ottemperare a due circolari, l’una del 1847 e l’altra del 1851, decise di impiantare nella casa della Parrocchia di S. Biase di proprietà della levatrice Diodata Saraceni la ruota “dé projetti con un compenso annuo di 6 ducati.

La ruota consisteva in un cilindro di legno girevole, diviso in due parti inserito in un muro; all’esterno vicino alla ruota c’era una campanella per avvertire chi stava all’interno che nella ruota era stato abbandonato un infante e il cui suono faceva accorrere qualcuno che ruotava il cilindro e raccoglieva il poppante.

Il neonato veniva poi portato dall’addetto alla ruota al Comune e il funzionario dell’anagrafe, accertatosi che si trattava di un bimbo abbandonato e che non vi fosse la possibilità di scoprire i genitori, assegnava al neonato un nome e un cognome; poi redigeva l’atto di nascita annotando che Tal dei Tali era figlio di N. N.

Dopo 50 anni, l’otto settembre del 1902, la giunta comunale di Agnone decise la chiusura della ruota degli esposti.

I lavori furono affidati al muratore Saia Luigi che fu liquidato con la somma di Lire 12 comprensive della sistemazione di un braccio di fanale in Via Lucci. Infine nel 1923 il primo governo Mussolini emanò il “Regolamento generale per il servizio d’assistenza agli Esposti” che abolì completamente le altre ruote degli esposti Italia.

G. Fontana: tre muli e un asino.

Coloro i quali furono affidati alla ruota degli esposti in Agnone erano in modo dispregiativo chiamati muli o muliacchiǝ. Per molti era un marchio infamante anche se c’era qualcuno di essi che la prendeva con molta filosofia e ne rideva. Fontana era uno di questi che dei suoi natali non né faceva un vanto né una tragedia. Nacque il 7 febbraio 1854 e fu rinvenuto in fasce nella fontana delle rose sita esattamente dov’è oggi il monumento a Libero Serafini. Fu adottato da tutto il quartiere e crebbe con la convinzione di essere stato fortunato.Morì il 17 febbraio 1941.

All’epoca della sua infanzia quasi tutte le famiglie erano di umili origini; non sapere chi fosse la sua famiglia di origine era da G. considerato un vantaggio perché poteva contare sulle tante persone del quartiere che lo avevano accudito e che lo amavano come un figlio.

Nei primi anni del 1950 in Piazza Plebiscito, nell’attuale Studio Legale Marinelli, c’era la sede del Circolo dei Mutilati e Invalidi della prima guerra mondiale. Spesso gli anziani che frequentavano il Circolo si spostavano con le sedie di fianco alla Rivendita della mia famiglia e ascoltavo i loro discorsi; era ancora vivo il ricordo di G. Fontana che molti di loro avevano conosciuto e frequentato, della sua voglia di vivere, della sua allegria e della sua capacità di organizzare scherzi di ogni tipo.

Fontana dapprima imparò il mestiere di sarto poi diventò gestore della rivendita, sita il Piazza Plebiscito N° 12, che nel 1932 fu assegnata a mio nonno Domenico. Ascoltai così dalla viva voce dei frequentatori del Circolo un episodio che rifletteva il suo carattere.

Un giorno in piazza, proprio davanti al suo negozio, passò un contadino figlio di N.N. con il suo asino stracarico che scivolò sul selciato; casualità volle che un altro N.N. si avvicinò per dare all’amico una mano per cercare di rialzare l’asino; accorse di proposito anche G. Fontana e alza di qua e spingi di là, l’asino proprio non ce la faceva a mettersi un piedi; ed ecco che G. se ne uscì con una battuta rimasta famosa ma chǝ cazzǝ è, sémǝ tré mulǝ e ngǝ la facèmǝ a alzà n’asǝnǝ!” (ma che cavolo è, siamo tre muli e non siamo capaci di rialzare un asino!)

 

 


[1]  In questo libro,Domenico, nativo di Capracotta, abbandona la nostalgia per i posti a lui familiari e si immerge nel territorio scelto da suo padre detto Carmǝnuccǝ ru salaruólǝ, (usava dire: La tua patria, è il posto dove stai bene. E scelse di vivere in Agnone). Tesse, così, un arazzo intrecciato dai variopinti fili della storia, del folclore, dell’aneddotica e dei ricordi che vengono esposti intre sezioni:  Pillole di Storia, che o vanno a colmare lacune e omissioni dei testi finora pubblicati o sono degli inediti, convinto di dare così un apporto costruttivo al grande mosaico che è la storia di Agnone; Pillole di Folclorecon l’evidenziazione di usi e costumi persi nel tempo, come le “cacciòttǝ” di frutta, il fuoco di San Michele, La scuracchjéata, la frasca, la candóina, la passatella, e altri; Personaggi, tratteggiati con perizia, maestria e malinconia perché conosciuti da vicino oppure attraverso i loro racconti. Le foto provengono dal suo archivio e da archivi privati; le parole o le frasi contenute tra due parentesi sono sue note. Cliccando su questo link potrete accedere alla Prefazione e all’Introduzione del libro http://www.altosannio.it/agnone-il-paese-dovera-sempre-mezzogiorno-prefazione-e-introduzione/.Chi fosse interessato al libro può scrivere a dinucci.domenico@gmail.com.

 

EditingEnzo C. Delli Quadri
Copyright: Altosannio Magazine 

 

 

 

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