Storia, guerre, passioni nei trecento anni di lotta dei Sanniti, i veri rivali di Roma
Storia romanzata [1] di Paride Bonavolta
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Siamo nel 332 a.C. La compagnia dei gladiatori gira per il sud della penisola italica – Giunge in Sicilia – Per merito di una matrona siracusana, costretta al degrado dal marito, Mamerco esce dallo stato di anarchia della sua vita. Ancora giovanissimo, può riprendere la strada verso la sua terra sannita.
I rivali di Roma – Mamerco – Parte ventitreesima
La compagnia di Pansa, dopo Neapolis girò in lungo ed in largo la penisola evitando nei primi tempi, per espresso volere di Mamerco, quei posti dove, essendo più diffusa la presenza sannita, qualcuno avrebbe potuto riconoscerlo, portando disonore alla sua famiglia. Ma presto Mamerco dovette ammettere che, passati due anni il quindicenne figlio di Tauro fosse ormai difficilmente riconoscibile nell’uomo fatto che era diventato e che per di più ostentava una fitta barba e numerose cicatrici frutto dei tanti scontri affrontati.
Una serie di vantaggiosi contratti finì per portare la compagnia in Sicilia e in questa terra ricca di fascino e di inebrianti profumi una donna avrebbe cambiato Mamerco. Non c’erano dubbi che la donna pagasse Pansa per le sue prestazioni e che il rapporto in atto fosse una particolare transazione di affari perché, per gli incontri, erano state imposte a Mamerco delle strane ed inderogabili regole. Regole che, dopo il primo incontro, lo avevano turbato al punto che avrebbe voluto tirarsi indietro, ma aveva poi finito per accettare perché la donna sembrava avere qualcosa di diverso dalle tante altre che finora aveva incontrate e perché il tutto aveva destata la sua curiosità. La cosa che rendeva particolari quegli incontri mercenari era il fatto, incontestabile, che la donna chiaramente non sembrava desiderare le attenzioni per le quali lui invece veniva pagato.
Gli incontri avvenivano in una ricca casa di campagna che denotava un elevato livello sociale dei padroni e la donna, che lui era certo fosse la padrona di casa, sicuramente apparteneva ad una buona famiglia. Di statura piuttosto minuta, ma di piacevole aspetto e dalla armoniosa figura, si imponeva all’attenzione per gli occhi dolcissimi, e forse tristi, e per la grazia che, anche nelle anomale circostanze dei loro incontri, avevano i suoi gesti.
Quando Mamerco arrivava nella villa, notava il disagio della sua compagna che preparandosi all’amplesso mostrava un evidente imbarazzo nello spogliarsi girandogli le spalle per poi imbarazzata mostrarsi a lui nella sua nudità. Una volta pronta e sdraiatasi sul letto nell’attesa che lui la raggiungesse evitava qualunque iniziativa nei suoi confronti procedendo con rossori ed evidente imbarazzo a risvegliare da sola la sua riluttante femminilità.
La inderogabile regola imposta a Mamerco, e Pansa preoccupato l’aveva supplicato di attenervisi, era di evitare in modo assoluto di raggiungere il proprio piacere e di non interessarsi a che la donna raggiungesse il suo; il che riduceva l’atto, che gli veniva richiesto, e che a detta di Pansa era più che lautamente pagato, ad una penetrazione di breve durata. Se il fatto che lui non dovesse raggiungere il piacere poteva trovare una giustificazione nel fatto che la donna voleva evitare un’indesiderata gravidanza, era inspiegabile che la donna, pagando, non volesse il proprio, così che entrambi avrebbero dato vita ad un atto sessuale sicuramente frustante per entrambi. La strana regola aveva destato la sua curiosità inducendolo ad accettare quell’anomalo contratto e le sue regole e, in pari tempo, eccitandolo sul piano fisico, gli consentiva in quell’antisettico amplesso privo di preliminari, di spontaneità e di partecipazione di essere in grado di essere all’altezza del compito per il quale veniva pagato.
A differenza delle occasionali donne o clienti presentategli da Pansa, dopo i primi frustanti incontri, cominciò a desiderare di infrangere la regola non tanto per il proprio piacere ma per compiacere la sconosciuta o per vedere come la stessa avrebbe reagito. Alla fine, nonostante il breve tempo concessogli, vi riuscì; per un attimo, lesse negli occhi della donna il terrore ma, presto, fu seguito da un sorriso dolcissimo ed, infine, ebbe la netta sensazione che la donna volesse nascondere quanto era accaduto. La cosa si ripeté negli incontri successivi e Mamerco a sua volta , pur non comprendendone il motivo, cercò di nascondere quanto era successo e la donna fece di tutto per assecondarlo nella finzione . Questi incontri, fuori dalla regola imposta, vista l’assenza di reazione della sua compagna e quella che sempre più appariva come una sua cosciente complicità accrebbero la sua curiosità. Se delle sue compagne occasionali difficilmente aveva saputo il nome perché forse loro lo avevano taciuto o forse perché lui stesso non sentiva alcun interesse a saperlo, ora voleva sapere il nome della sconosciuta anche se nei patti che Pansa aveva preso per lui era previsto che tra lui e la donna non dovesse essere scambiata parola.
Non gli rimase altra scelta che affrontare Pansa per sapere qualcosa di più sullo strano contratto che lo coinvolgeva, ma si trovò di fronte ad una assoluta impenetrabilità ed anzi, con uno scatto di collera, Pansa preoccupato di questo suo interesse, ribadì che nei loro patti era riservato alla sua elusiva competenza prendere accordi per quel genere di transazioni e che era stato chiarito che il suo solo diritto fosse quello di rifiutare gli incontri indesiderati. Addolcito, poi Pansa l’aveva quasi pregato, non sapendo che lui desiderava quegli inconsueti incontri, di non sottrarsi al contratto perché ben remunerato e perché nessun altro dei suoi sarebbe stato accettato come suo sostituto.
Deciso a saperne di più, e quantomeno di conoscere il nome della donna, Mamerco attese per lunghe ore fuori della villa che ne uscisse la schiava che di solito, accogliendolo nell’atrio della casa, lo introduceva nella stanza dove la sconosciuta lo attendeva. Quando finalmente la schiava apparve, avvicinatosi, cercò di riempirle la mano di monete che furono respinte.
– Dimmi il nome della tua signora!
– Perché dovrei? Non è certo con i soldi che potrai sapere qualcosa da me.
– Dimmelo te ne prego. . . perché devo saperlo, devo sapere tutto di lei, di lei e di me altrimenti. . . mi sentirò impazzire.
– Così va meglio. Amo la mia signora e non farei nulla per nuocerle perché credo di essere la sua unica e sola amica e come tale, nonostante il mio stato, sono trattata. La mia signora si chiama Valeria, è la figlia più giovane di Teocle di Siracusa un celebre medico della nostra isola che si è sempre prodigato per i suoi malati incurante se loro potessero o meno pagarlo. Il nome di Teocle è venerato su questa nostra isola come quello di un dio.
– Continua ti prego. . . avrai tutto l’oro che vorrai.
– Lascia perdere il tuo oro, se ti parlo é solo perché la mia signora nulla mi nasconde e credo, per lealtà verso di lei, di poterti dire quanto mi chiedi. Quando Teocle è morto la mia signora, che era voluta restargli al fianco fino all’ultimo, si è ritrovata senza un soldo; la famiglia l’ha in pratica costretta a prendere per marito il ricchissimo Edipo Colonio enormemente più vecchio di lei, e che, sposato più volte, ha figli che potrebbero essere i genitori della mia signora.
– E allora?
– Il vecchio è molto geloso della mia signora ed in pratica la tiene prigioniera in questa casa non permettendole di vedere nessuno.
– Ma se il marito è geloso, cosa c’entro io, se é vero che sai tutto, in questa storia?
– Devi sapere che è stato il vecchio signore a volerti per sua moglie e che è lui che paga quel grasso signore che alle volte ho visto con te.
– Non capisco. .
– Il vecchio è da anni impotente e, non potendo prendere la padrona, ha deciso di spiarvi e sembra che ciò gli dia quel piacere che non può prendere altrimenti.
– Verme!- urlò Mamerco sentendosi tradito ancora una volta.
– Non ti inquietare signore e non tradire il mio segreto. Ne va della vita della mia padrona, della tua e della mia. Quel che ti ho detto deve restare fra noi, te ne ho parlato solo perché penso che tu, nonostante il commercio che fai di te stesso, sembri essere diverso da quello che il tuo ruolo lascerebbe supporre e sembri essere all’oscuro di quanto il tuo lanista probabilmente conosce. La mia signora è molto triste ed umiliata per questo sporco gioco che è stata costretta a fare per compiacere il marito. All’inizio voleva uccidersi per sottrarsi alle richieste vergognose del marito e voleva uccidersi anche dopo i primi vostri incontri ma tu hai forse saputo leggere qualcosa nel suo animo, nei suoi gesti e nei suoi occhi e, forse pur non capendo cosa ci fosse alla base del tuo. . . diciamo contratto, hai dato inizialmente prova, così come lei mi ha detto, di rispettare lei ed il suo corpo venduto nonostante il turpe accordo per il quale eri stato pagato. Povera signora era da tanto che non giaceva con uomo, pur se vecchio come il marito, e non conosceva più le esigenze di un corpo giovane e sano e le sue regole. In più tu sei giovane e bello. Oggi la mia signora, pur non volendo ammetterlo con sé stessa, attende con ansia i vostri incontri che le portano, anche se da lei direttamente non voluto, un piacere che però è costretta a dissimulare perché il marito la ucciderebbe se dovesse realizzare che da quel rapporto spiato non è il solo a trarne piacere. Ma la mia signora, nonostante tutto, continua ad implorare il marito di far cessare i vostri incontri perché continua a ritenerli degradanti ed offensivi. Credo che l’aver trovato il piacere in questi incontri la renda ancora più triste. E’ terribile ma ora soffre per un motivo assolutamente opposto a quello iniziale. Forse non avrei dovuto dirti tutto questo ma sento di aver agito per il bene della mia signora che amo. Se vuoi le dirò che ti ho parlato. Si chiede tante volte chi tu in effetti sia perché non vede in te la persona rozza che riteneva dovesse essere il gladiatore che il marito le aveva imposto. Il marito, quando ha concepita la sua sporca idea, ha cercato proprio un gladiatore per essere certo che fosse una persona spregevole agli occhi della moglie e che essendo venale non si ponesse domande o questioni morali.
Il vecchio , dopo il primo incontro, vedendoti, ha temuto che non fossi l’uomo che cercava ed ha pensato che il lanista lo avesse imbrogliato e gli ha fatto una terribile scenata. Ma poi essendosi spinto a questo passo e non tollerando che un altro uomo potesse sostituirti in una situazione che anche a lui deve costare, si è dovuto rassegnare ma. . . . è molto diffidente.
– Ti ringrazio ragazza, prendi queste monete. Rassicurati, non vorrei mai essere causa di problemi per la tua signora. Dille. . . non so cosa dire, ho saputo troppe cose e mi sento disorientato. Ti cercherò ancora.
Tornato al suo alloggio Mamerco, dopo aver messa alla porta la giovane nubiana, si chiuse nella sua stanza per riordinare le idee. L’indomani affrontò Pansa per conoscere i programmi futuri.
– Quanto tempo pensi che resteremo ancora in Sicilia? Mi sembra che i nostri contratti siano scaduti da tempo e credo che ci convenga rimetterci al lavoro.
– Non essere impaziente, non abbiamo ingaggi e preferisco attendere qui piuttosto che rientrare a Cuma . Il clima è mite e fa bene alle mie ossa vecchie.
– Non vorrei che restassimo solo perché ti è ben remunerato il mio ingaggio particolare.
– Non dire sciocchezze Sannio. Per un lanista come me nulla vale più del proprio mestiere, questo dovresti saperlo. Comunque, anch’io stavo pensando ai futuri spostamenti ed avrei deciso di restare per un altro mese ancora dopo di ché torneremo sul continente. Goditi quest’ultimo mese con la tua matrona perché presto tornerai a giocarti la vita nell’arena.
Era questo che Mamerco voleva sapere. Aveva un mese per risolvere il problema nascente dei suoi rapporti con Valeria.
Quando fu nuovamente convocato nella villa, nonostante si fosse preparato, non si sentiva affatto tranquillo anche perché ora sapeva che qualcuno li spiava per raggiungere un piacere che a loro era invece proibito.
Secondo rituale Valeria lo attendeva vestita di tutto punto presso il letto rivolta verso un drappeggio che nascondeva una galleria laterale che Mamerco si accorgeva, ora che sapeva, di non aver mai notato prima. Immaginò il vecchio marito nascosto dietro quelle tende e sentì il sangue ribollirgli.
Vedendolo entrare Valeria, come di consueto dandogli le spalle e rivolta verso la galleria, prese a spogliarsi lentamente per poi distendersi nuda sul letto dove nel frattempo anche Mamerco, a sua volta denudatosi, l’attendeva.
Recitarono, sapendo entrambi di recitare. Si separarono, secondo un copione scritto da altri. Mamerco si diresse verso l’uscita ma questa volta, varcata la soglia e sicuro di non essere visto tornò a guardare la donna che aveva appena lasciata e vide che Valeria, rivolta verso la tenda, iniziava, costretta dal copione a masturbarsi fingendo di completare ciò che a lui non doveva essere concesso di fare.
Allontanandosi ebbe la certezza che quello sarebbe stato il loro ultimo incontro.
Nei giorni successivi cercò in tutti i modi di incontrare la schiava di Valeria spinto dal desiderio di trovarsi, almeno per una volta solo con lei. Quando finalmente la incontrò, con voce che tradiva la sua emozione, cercò di convincerla ad assecondarlo.
– Dì alla tua signora che presto partirò. Dille che non partirò se non potrò incontrarla , almeno una volta , da solo. Voglio cancellare la nostra comune vergogna. Le voglio parlare, voglio di lei un ricordo diverso, forse voglio scusarmi, forse voglio mostrarmi quale sono e non quale le sono apparso. Dille quello che vuoi, tu che la conosci, ma, ti prego, convincila !
– La mia padrona, nell’eventualità che tu mi avessi cercato e chiesto qualcosa di simile, mi ha già detto che non vi dovrete più incontrare. Mi ha anche incaricata di dirti che nonostante il degradante modo che vi ha permesso di incontrarvi crede di aver capito molto di te e che questo le permetterà, comunque, di conservare di te un diverso ricordo. Sa di non poterti muovere rimproveri ed anzi ti è grata perché quanto é successo fra voi le ha dato il coraggio di ribellarsi al marito. L’altra sera dopo la tua uscita di scena con voce dura e decisa ha urlato al marito che mai più si sarebbe piegata, come ha dovuto fare con te, ai suoi sporchi capricci. Il padrone , sicuramente oppresso da una consapevole colpa, deve aver accusato il colpo, l’ha supplicata di perdonarlo giurando di aver egli stesso sofferto come mai avrebbe immaginato nel vederla coinvolta in uno sporco gioco del quale aveva sottovalutate le conseguenze per entrambi. Ho assistita non vista alla scena e sono convinta che quel vecchio sporcaccione non ci proverà mai più. E’ crollato d’improvviso. La mia signora, ne sono certa, si è finalmente liberata di lui. Ora è la mia signora che comanda in casa e tutti se ne sono accorti.
– E allora perché, se è libera, non mi vuole vedere? Mi era sembrato d’intuire, anche dalle tue parole, che provasse qualcosa per me.
– Tu hai sicuramente frainteso le mie parole. Ti ho solo detto, credo di ricordarlo bene, che nel vostro rapporto ha ritrovato il piacere del suo corpo ma ciò l’ha spaventata. La vostra parentesi, per lei è chiusa e cancellata e, quale che sia stata l’abiezione cui il marito l’ha costretta, la sua educazione, la sua morale e un legame, che comunque per lei esiste, non le consentono un tradimento. Conosco bene la mia padrona per assicurarti che nulla potrà farle cambiare idea tanto più ora che è ritornata padrona di sé stessa.
– Chiedimi qualunque cosa e te la darò ma convincila- supplicò Mamerco.
– Ci proverò straniero. Troviamoci tra tre giorni. .
Ma dopo tre lunghi giorni la donna gli comunicò che la sua padrona non aveva cambiato idea.
– Ti avevo detto che sarebbe stata irremovibile. Mi ha detto che se hai del rispetto per lei non dovrai insistere con questo genere di richieste. Siccome le ho detto che presto saresti partito mi ha dato questo per te pregandoti di accettarlo in suo ricordo.
Così dicendo la donna gli porse un pacchetto e si allontanò.
Mamerco rimasto solo aprì quasi senza accorgersene l’involucro di Valeria e dallo stesso apparve un grosso serpente in oro, di squisita fattura, che con le sue volute formava una lettera S.
– S come Sannio, così mi ha conosciuto , non sa nemmeno il mio nome!
Rigirò tra le mani il prezioso gioiello che intese correttamente non come un prezzo od un regalo ma come un ricordo. L’oggetto era sicuramente stato commissionato ad un abile orafo da chi aveva voluto dimostrargli quanto meno amicizia. Nei giorni successivi Mamerco cercò invano di incontrare la schiava, e si aggirò nei pressi della villa di Edipo Colonio ma tutto fu inutile. Avvilito apprese da Pansa che l’indomani sarebbero partiti ed il suo unico commento fu un laconico – Di già?
– Prima smaniavi di riprendere il viaggio ora non sai dire altro? replicò Pansa.
– Dimmi Pansa hai notizie di Edipo Colonio? E’ tanto che non mi cerca.
– Ti lamenti per i tuoi mancati guadagni o ti dispiace non incontrarti più con sua moglie che i pochi che hanno visto dicono non essere per niente male? Ma datti pace quel vecchio non ti ha chiamato perché ha cambiato gusti. Ora non gli interessa più che tu finga di sbattergli sotto gli occhi la moglie perché preferisce assistere allo scatenato sesso tra Nubio e la sorella. Il fatto che siano fratelli pare eccitarlo grandemente e con quello che paga né io né i nubiani abbiamo nulla da eccepire anzi spero proprio che si convinca a comprarli . Proprio stasera, sapendo che domani partiamo, mi ha chiesto i due nubiani e mi ha pregato di accompagnarli in una sua villa fuori città. Poiché mi ha chiesto di trattenermi da lui ho detto a quei due negri di darci sotto e di sfoderare tutti i loro trucchi più audaci e spero, rimanendo con lui, di riuscire a convincerlo a comprarli così che io mi riempia ben bene le tasche di monete sonanti.
– E poi – aggiunse ridendo – quella sporca negra aveva preferito te a me ed è giusto punirla lasciandola nelle mani del vecchio.
A queste parole Mamerco realizzò che l’assenza di Edipo Colonio gli offriva una insperata occasione di incontrare Valeria , che lei volesse o meno. Ingannò il tempo tormentando i più rinomati orafi locali per cercare un dono per la donna e appena fu buio si avvicinò alla casa. Guardò i lumi che si accendevano e li guardò progressivamente spengersi annunciando che ogni attività era cessata. Scavalcò allora un non alto muro di cinta e senza difficoltà entrò nella casa. Puntò deciso verso la stanza dei suoi precedenti incontri ma trovò che quella stanza non era altro che un atrio .
– Era solo un palcoscenico attrezzato per l’occasione – pensò.
Deciso a trovare gli alloggi di Valeria , affidandosi alla fortuna ed all’intuito , si aggirò furtivo per il palazzo e con sollievo presto capì di averli raggiunti perché il suo profumo , che ben conosceva , aleggiava nelle stanze. E infine la vide seduta sulla sponda del letto che si spazzolava , per fortuna da sola, i lunghi capelli castani che Mamerco non aveva mai visti sciolti. Indossava una tunica color pesca che ben si accompagnava alla sua carnagione ed aveva uno sguardo sereno e quasi felice come se stesse inseguendo pensieri piacevoli. Dopo averla a lungo ammirata sussurrò il suo nome.
– Valeria.
La donna trasalì e istintivamente raccolse un drappo del letto come per coprirsi.
– Sannio , sei tu . Cosa fai qui.
– Non mi chiamo Sannio , il mio nome è Mamerco Pentro e la mia famiglia è una delle più antiche e rinomate della Pentria e del Sannio. Il nome che tu conosci l’ho preso per nascondere il mio scendendo nelle arene perché usando il mio vero nome, divenendo gladiatore o peggio ancora prestandomi come stallone a pagamento, avrei disonorata la mia famiglia.
– Lo sapevo! Sapevo che non eri quello per cui volevi farti passare . Ma chi sei in realtà? Quali ragioni ti hanno portato a degradarti? Siedi vicino a me e parlami di te . Pensandoti ed intuendo che non potevi essere quello che volevi apparire ho inventato nella mia mente centinaia di storie al tuo riguardo. Ora forse saprò la tua vera storia.
Mamerco preso posto vicino a lei cominciò a raccontarle della sua famiglia, della sua terra, del desiderio di fare da solo le sue esperienze, di Marzia e dei suoi inganni, del suo successivo desiderio di rivalsa verso le donne, dei suoi sogni di essere un giorno un condottiero famoso fra la sua gente. Le aprì il cuore con una naturalezza che egli stesso non avrebbe creduto di poter raggiungere e si rese conto che parlava quasi per confessarsi e liberarsi dal marciume nel quale si era lasciato invischiare e che ora sembrava sciogliersi. Ripudiando i suoi errori sentiva di tornare il giovane che aveva lasciato, pieno di sogni, la sua terra e la sua casa. Valeria lo ascoltava attenta comprendendo quanto stava avvenendo in lui e contenta che andasse ritrovando sé stesso. Solo una volta si alzò dal suo fianco per andare a prendere una caraffa di vino da mettergli vicino ma che Mamerco ignorò assorto com’era nel suo sfogo. Alzandosi Valeria non realizzò che la tunica controluce sembrasse inesistente, e Mamerco che pur tante volte l’aveva avuta nuda tra le braccia, abbassò lo sguardo per non violare quella inconsapevole nudità. Sedendo di nuovo vicina a lui , Valeria, meccanicamente prese una mano di lui tra le sue, quasi a rassicurarlo, e cominciò a carezzarla. Quando Mamerco ebbe tutto raccontato fu lei a parlare.
– Lo sapevo! Lo sapevo! Tutto in te, dopo i primissimi incontri e pur senza poterti parlare, denotava che non eri il rozzo stallone che mi avevano imposto. Ci sono dei gesti, delle occhiate e delle sfumature che non possono acquisirsi se non in un ambiente sano. La tua stessa voce ora che la sento denota cultura e l’appartenenza ad una precisa ed elevata classe sociale. Di te sapevo solo il nome non perché me lo avessero detto ma perché l’avevo carpito da un discorso tra mio marito ed il tuo lanista. Ma dimmi quanti anni hai Mamerco?
Dovette quasi fare mente locale prima di risponderle.
– Diciassette o meglio forse quasi diciotto.
– Sei molto giovane e questo se se lo vorrai ti aiuterà a dimenticare questo periodo diciamo particolare della tua vita. Riprendi il tuo posto nella vita. Questo non lo è di certo.
– E’ per merito tuo Valeria che ho ritrovato me stesso rendendomi conto della degradazione nella quale ero finito frequentando lenoni, postriboli , ubriaconi , schiavi o disertori costretti a battersi nell’arena. A differenza di loro io sono un uomo libero e nulla mi impedisce di rimettermi sulla mia strada. Sarò un soldato come sempre ho sognato ed il serpente che tu mi hai regalato diventerà il simbolo del mio scudo a somiglianza del toro scelto da mio padre. Questo serpente dovrà portare onore a me ed alla donna che mi ha riscattato.
– Sono contenta di quanto dici perché, in un certo senso, potrò sempre essere parte dite e tu, forse, non mi dimenticherai.
Mamerco a questo punto si ricordò dell’anello che intendeva regalarle e glielo porse. Felice del dono, e non certo per il suo grande valore, Valeria lo infilò al dito.
– Vedi lo infilo al dito e non lo toglierò più . Ma tu senza saperlo mi hai fatto un altro preziosissimo dono. Aspetto un figlio e questo oltre ad avermi dato il coraggio di ribellarmi a mio marito riempirà la mia vita futura. Ho sentito quello che mi hai detto di quella donna di Maleventum, non farò come lei. Avevo già deciso prima di vederti che questo tuo figlio saprà di essere figlio di un giovane sannita e troverò a suo tempo un plausibile motivo per giustificare il tradimento verso mio marito. Ora potrò dirgli molto di più su suo padre e questo renderà più accettabile la mia infedeltà. E a questa promessa che ora ti faccio sii certo che terrò fede.
– Ma tuo marito?
– Sapere di aspettare un figlio come ti ho detto mi ha dato la forza di ribellarmi e di liberarmi definitivamente di mio marito. Sa di questo bambino e non può rimproverarmi nulla perché sa bene che non l’avrei mai tradito se non mi avesse costretta e non può certo intuire che siamo stati complici nel violare le sue regole . Per di più non vorrà mai che io, come lo ho minacciato, parli del suo turpe comportamento né vorrà accusarmi di un adulterio potendo invece essere fiero di ostentare con i suoi amici un figlio frutto della sua presunta vigoria sessuale . Dovrà volergli bene come un figlio e vegliare su di lui, perché l’ho costretto a trasferire a lui tutti i suoi beni affidandone a me la gestione fino a che nostro figlio non potrà farlo da solo.
E come ringraziamento del duplice regalo piegandosi verso Mamerco gli pose un casto bacio sulle labbra, il primo che si scambiavano.
– Vedi Mamerco, tutto sembra volgere, nonostante tutto , al meglio. Quali sono i tuoi programmi futuri?
– Il mio impresario parte domani ma io non sono assolutamente impegnato con lui, sono sempre stato libero di riprendere in qualsiasi momento la mia libertà e l’ho ripresa. Non so bene cosa farò, in parte dipende anche da te.
– Da me?- si stupì lei- Cosa c’entro io con i tuoi programmi?
– Pensavo che, se tu volessi, potrei trattenermi ancora in Sicilia. Ti ho appena conosciuta e mi sembra impossibile non doverti rivedere. Potremmo. . . diventare amici?
– Non metterti strane idee in testa. Quello che dici mi lusinga ed in un certo senso mi farebbe piacere ma stasera noi ci salutiamo. . . da buoni amici anche se può sembrare strano parlare così al padre del proprio figlio.
– Ma io . . . . vorrei. .
– Vorresti cosa piccolo sannita? Vorresti entrare come un ladro nella mia casa e nel mio letto? Non è questo che mi aspetto da te e , a mia volta, credo di avertelo detto, non sono il tipo di donna che si prenda un amante- e sorridendo aggiunse-. . . tanto più se questo ha una diecina d’anni meno di me.
– Ma non posso lasciarti così. Non volevo offenderti. Mi hai dato tanto con la tua dolcezza che , voglio. . . cancellare le brutture che ci sono state fra noi.
– E’ già tutto cancellato, noi siamo diversi. Siamo quelli che dovevamo essere se altri non avessero alterato i nostri destini. Apprezzo quanto dici ma mi sei troppo caro per correre qualsiasi rischio. Per me sei. . – esitò -. . quasi come un figlio.
– No! No!- gridò Mamerco- Non come un figlio! Io sono il padre di tuo figlio e voglio ricordarti come la donna dalla quale ho avuto un figlio, una donna da portare nel cuore e da ricordare per quello che sarebbe potuto essere se non ci avessero manipolati. Non voglio sentirmi usato ancora una volta! Io voglio baciarti, voglio tenerti stretta a me e fingere che tutto quello che è stato non sia successo e che questo nostro figlio non sia quindi frutto di brutture ma di un atto libero d’amore.
– Calmati dolce Mamerco. Non dire cose che ci offendano. Non parlare di essere stato usato, cosa dovrei dire io allora ? Ti capisco, vorrei poterti dare ciò che chiedi ma . . . lasciamo le cose come stanno. . . non complicarmi la vita, io non potrei. . non so. . ho paura di scoprire cose che non conosco e che a questo punto non voglio conoscere. Ti prego. . lasciamoci così. Sono felice di quello che ho e non voglio correre il rischio di avere rimpianti o di pentirmi della scelta fatta.
Ormai dimentichi di tutto furono riportati alla realtà dalla voce sommessa della schiava . – Perdonami signora ma tra non molto il padrone potrebbe tornare.
Mamerco sapeva di dover ubbidire e la schiava, presolo per mano, lo condusse via attraverso il palazzo per fargli riguadagnare, non visto, la via. Tornato al suo alloggio , prese le sue cose montò a cavallo e senza salutare nessuno partì lasciandosi tutto alle spalle. La prima nave in partenza dal porto aveva come destinazione Taranto. Per Mamerco , che non aveva una meta precisa, andava più che bene come destinazione.
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Editing: Enzo C. Delli Quadri
Copyright: Altosannio Magazine
[1] (Nota di Enzo C. Delli Quadri) Quando molti anni orsono, Paride Bonavolta, mise mano a questo lavoro fu a lungo combattuto tra l’idea di “scrivere di storia” e quella di “romanzare la storia” per renderla più avvincente se vissuta da personaggi con la stessa interagenti. Scelse la seconda, anche perché, di storicamente definito, nonostante l’opera del canadese E.T. Salmon professore emerito alla Mc. Master University in Canada e di altri studiosi, c’è poco e quel poco rifà alla storia scritta dai romani, cioè dai vincitori. Cosicché, i Sanniti, dai loro scritti, non hanno ottenuto quella visibilità e giustizia che forse avrebbero meritato.
Attraverso la vita di 7 personaggi immaginari (Papio, Tauro, Mamerco, Brutolo, Murcus, Gavio, Herio), la storia dei Sanniti di Paride Bonavolta si dipana dal 354 a.C.(data del primo trattato dei sanniti con Roma) al 70 d.C. (morte dell’ultimo dei sette personaggi, quasi 20 anni dopo la Guerra Sociale). Ma, attraverso i ricordi del primo personaggio, Tauro, la storia riprende anche avvenimenti iniziati nel 440 a.C.
I sette personaggi della stessa famiglia, nell’arco di questo periodo, vivranno gli avvenimenti storici che contrapposero romani e sanniti nel contesto più generale degli avvenimenti della penisola italica interagendo quindi con personaggi famosi quali il re epirota Alessandro il Molosso, Pirro, Annibale ed infine Spartaco.