Storia romanzata [1] di Paride Bonavolta
per il Cap. 35 Cliccare QUI
Siamo agli inizi della terza guerra sannitica (298-290 a.C.) – Ania la giovane moglie di Brutolo muore dando alla luce il figlio Murcus – Brutolo lo respinge e parte soldato per il grande scontro contro i Romani
299 a.C. – Durante questa felice riunione di famiglia Mamerco, preso da parte il figlio, lo informò che la guerra era di nuovo alle porte e che sarebbe presto partito per la Lucania per cercare di conservare alla loro nazione l’alleanza di quel popolo che ormai era il solo che ancora impedisse il completo accerchiamento che Roma stava mettendo in atto nei confronti del Sannio.
-Vedrai che presto, se sarà guerra, anche tu riceverai i tuoi ordini.E’ giunto quindi il momento di dimostrare il tuo valore e la tua preparazione.Per ora non parliamo di questo di fronte alle nostre donne per non turbarle, ma nell’eventualità che gli ordini ti giungano prima del mio ritorno,noi ci saluteremo qui in modo che possa benedirti ed invocare la protezione divina su di te.
-Grazie padre.Sarò degno di te e del nome che porto.Che gli dei ti siano al fianco.
Padre e figlio si abbracciarono non potendo immaginare che quello sarebbe stato il loro ultimo incontro.
La notizia dell’uccisione di Mamerco percosse il Sannio come un fulmine a ciel sereno gettando nel più profondo dolore tutti i suoi cari. Aracoeli da quel momento, nonostante le suppliche di Papia ed Ania e l’amore con il quale la circondarono, in pratica si lasciò rapidamente andare verso la morte che sola, a suo dire, l’avrebbe ricondotta dall’uomo che aveva amato. Brutolo ancora in attesa di ordini, decise che i suoi genitori dovevano essere seppelliti “a casa” presso le tombe sul lago di Tauro e Paculla e quasi di riflesso decise di lasciare Terventum, dove aveva sempre vissuto, e ritornare nella terra dei suoi antenati. Con questa decisione, che fu accettata con entusiasmo da Ania, intese ristabilire, come sapeva a suo tempo aveva fatto suo nonno Tauro, un più stretto legame con le sue origini. Era inteso che Anio e Corfinio sarebbero partiti con loro e che Anio, avute le consegne dallo zio Ursidio e comunque sotto la sua guida iniziale, si sarebbe occupato della proprietà se del caso anche aiutato da Corfinio che non sapeva ancora decidere se il suo avvenire lo avrebbe legato alla vita militare dell’inseparabile suo amico o se invece con gli anni le loro strade si sarebbero,cosa che non desiderava,divise.
Riaprì quindi la casa che suo nonno aveva costruito e dove suo padre era nato e vissuto fino al momento del suo matrimonio e sperò di poter vedere nascere suo figlio nella stessa casa dove era nato suo padre.
Ma altre dolorose prove lo attendevano.
Quando Ania fu prossima al parto Papia prontamente accorsa per esserle vicina, con il viso rigato di lacrime che avrebbe voluto trattenere, annunciò al nipote che il parto non si presentava nel migliore dei modi e a Brutolo non rimase che affrontare una estenuante e trepida attesa. Quando, sempre più in lacrime e con il viso straziato, Papia gli annunciò la nascita di un figlio maschio, Murcus, con voce rotta dai singhiozzi, gli annunciò anche la morte di Ania. Brutolo annichilito dal dolore si isolò da tutti dopo aver chiesto alla zia Papia di occuparsi del figlio che non aveva neanche voluto vedere quasi ritenendolo responsabile della morte della sua adorata compagna. Papia capì di doversi trattenere presso di lui e si dedicò al piccolo nato mentre Brutolo sfogava rabbia e dolore in lunghe battute di caccia e in un disperato vagabondare che comunque lo tenesse lontano da quella casa che non sentiva più sua. Unico suo interesse divennero le notizie che riguardavano i rapporti con Roma perché una guerra gli sembrava l’unica cosa che potesse portarlo lontano da casa e dai ricordi e dare un senso alla sua vita.
Quando in Lucania il partito filo romano portò il paese nella sfera politica romana capì che l’inizio delle ostilità non poteva essere lontano perché ormai l’accerchiamento del Sannio era stato completato.Sapeva anche che la diplomazia del suo paese non restava inattiva e che da tempo si stavano conducendo trattative con gli etruschi e con i galli senoni per mettere insieme una coalizione che fosse in grado di mettere fine al predominio ed alla espansione romana. Credette che l’inizio della guerra fosse questione di giorni quando si seppe che etruschi e galli avevano fatto razzie nei territori romani del nord ma dovette attendere ancora un anno e quindi il 298 a.C. (inizio della terza guerra sannitica) prima che l’agognato ordine di prendere le armi lo raggiungesse.
Causa se non pretesto per l’inizio delle ostilità fu il problema lucano in quanto i romani erano preoccupati delle manovre sannite per riportare quel paese sulle vecchie posizioni filosannite. Si parlava di una perentoria imposizione fatta dai romani ai sanniti perché desistessero dalle loro iniziative sui lucani e di una successiva dichiarazione di guerra. Non fu molto chiaro a Brutolo se in quella fase di concitazione fossero stati i sanniti ad entrare in Lucania o se i romani avessero anticipata quella loro prevedibile mossa entrando nel Sannio. Quel che gli importava era che il dado fosse stato tratto. Ventenne si ritrovava a capo, oltre che della sua, anche della famosa vereia di suo padre pronto per quello che aveva sempre visto come il momento più esaltante della sua vita. Ma ora molto di quell’entusiasmo era scomparso. L’ordine che lo riguardava era di portarsi sul fronte lucano.
Già prima di ricevere l’ordine di partenza aveva nominato come secondo in comando Stazio Auge un veterano che aveva combattuto a lungo con suo padre e che era sempre stato una realtà nei ricordi e nella vita di Brutolo. Saggio e valoroso avrebbe garantito al figlio la stessa lealtà che aveva garantita al padre con un occhio forse più vigile considerata la giovane età del nuovo comandante che un tempo bambino aveva spesso portato in braccio.Ben accetto alla truppa aveva contribuito, se ce ne fosse stato bisogno, a far accettare a tutti il nuovo giovane comandante e sopratutto i suoi ordini. Ma la truppa di entrambe le vereie già conoscendo la preparazione e l’ottima scuola di Brutolo aveva già considerato come naturale passare sotto il suo comando. Sempre prima della partenza aveva ripetendo quelli che considerava dei rituali preliminari appresi dal padre provveduto al rigoroso controllo delle armi, dei cavalli e degli approvvigionamenti minimi che avrebbe dovuto portare con se e ridistribuiti i veterani fra le due vereie così da renderle più omogenee.
Al momento della partenza e dei saluti si sforzò di dimostrare un minimo di attenzione al figlio ripetendosi fino all’ossessione che non vedeva in lui la causa della morte di Ania. Papia, che stringeva in braccio il piccolo Murcus, lo pregò di baciare il piccolo ma Brutolo preferì fingere di non averla sentita. Se non altro, si giustificava, lascio Murcus in buone mani perché Papia saprà dargli tutto quello di cui non mi sento capace e tutto quell’amore che non ha potuto dare ad un suo figlio. C’era poi il nonno Anio che sconvolto dalla morte della nipote, sembrava aver trovato nel piccolo Murcus, dal quale raramente si separava, una nuova ragione per una vita che considerava finita.
Ovio, che aveva voluto essere presente alla partenza dei combattenti, trasse gli auspici che anni di guerra attendevano coloro che partivano. Sia pur controvoglia mostrando le interiora degli animali sacrificati dovette ammettere di vedere molto sangue e se anche si sforzò di far credere che si trattasse di sangue dei nemici, dovette per onestà ammettere che molto di quel sangue era sannita. Annunciò con voce, che a chi lo conosceva sembrò meno ferma del solito, che molti di quelli che partivano non sarebbero tornati e che quelli che avrebbero fatto ritorno avrebbero trovato un mondo cambiato. Il suo turbamento era evidente ma fu sopratutto rilevato dai più anziani dei combattenti e dalla folla ammassata per salutarli. I soldati, infatti, erano impazienti ed eccitati per la grande avventura che li aspettava e quelle profezie non facevano parte del loro mondo dove non erano certo le interiora di una vittima a determinare l’esito di una battaglia o di una guerra ma proprio loro ed il loro valore. Molti dei veterani, prudenzialmente quanto furtivamente, toccarono invece i loro segreti e personali amuleti e, tra la folla convenuta, molti, e soprattutto le donne, non seppero trattenere le lacrime. Brutolo, per la fiducia e l’affetto che nutriva per lo zio, fu turbato e mentalmente si ripropose di far di tutto per cancellare dalle orecchie dei suoi e dal loro cuore quelle non certo suonate come parole incoraggianti.
La partenza non si rivelò quindi, come di consueto, ricca di gioiosi scambi di battute e lazzi ed avvenendo al tramonto, per poter marciare nelle ore più fresche, il villaggio non visse l’abituale confusione che accompagnava le partenze dei soldati. Gli animali a quell’ora andavano chiusi nei recinti, molti dovevano essere munti, si dovevano accendere i fuochi che nei pascoli in alta montagna avrebbero tenuti lontani i rapaci notturni. Mancò quindi quell’atmosfera gioiosa che accompagnava i partenti e che coinvolgeva normalmente la totalità di un villaggio. A salutare i partenti c’erano prevalentemente le spose, le più giovani con i figli in braccio o stretti intorno a loro, qualche genitore e qualche giovanetta venuta a salutare il proprio amore.
Una rapida marcia portò i reparti di Brutolo a riunirsi a quelli che operavano sui confini della Lucania e non si dovette attendere molto per entrare in azione per cercare di fermare le colonne romane che entrate dall’Apulia si erano disposte sul confine lucano sia per suonare di monito ai lucani stessi sia per compiere incursioni in territorio sannita anche con l’intento di creare delle teste di ponte per una successiva penetrazione nel Sannio più interno. Era la vita che Brutolo aveva sempre sognata e se anche non si ebbero quelle grandi battaglie che aveva sempre idealizzato non gli mancò certo l’occasione di confrontarsi con quel nemico che fin da piccolo aveva semre saputo che prima o poi si sarebbe trovato di fronte.
Trascorso un anno Brutolo fu richiamato sul fronte tirrenico dove forze romane entrando da Sora e da Teanum Sidicinum sembravano voler portare un più decisivo affondo nel cuore del Sannio in quanto sul fronte lucano, con l’Apulia taglita fuori dai collegamenti con Roma , era per loro meno prudente sbilanciarsi anche perché solo una metà dell’Apulia era controllata dai romani che non si fidavano completamente della durevolezza di quella alleanza. Anche sul nuovo fronte si ebbero continui scontri con i romani e tutti avvennero sul suolo sannita che cominciò ad essere pesantemente segnato anche perché le truppe romane con continui spostamenti colpivano evitando finchè possibile di scontrarsi con forti concentramenti di truppe nemiche.Per risolvere questa situazione il comando sannita prese l’iniziativa invadendo i territori campani sotto controllo romano fidando che così facendo i nemici richiamassero forze su quel fronte.
Sul finire del 296 forse a seguito del mai interrotto rapporto diplomatico con etruschi e galli, abbandonando la strategia di impegnare il nemico su due distinti fronti, fu deciso che un esercito sannita agli ordini di Gallio Egnazio si sarebbe portato fuori dei confini sanniti per ricongiungersi con gli eserciti alleati. Brutolo apprese con gioia che avrebbe fatto parte di quell’esercito. Il punto di raccolta sannita era fissato ad Aufidena e quindi mosse costeggiando il Sangro lungo il quale trovò in marcia altre vereie provenienti dal territorio caraceno. Altre truppe che sarebbero confluite nello stesso esercito dovevano in quel momento essere invece in marcia lungo il Volturno.
Il lavoro dei comandanti e dei veterani nelle truppe in marcia e nel poderoso esercito che si andava formando sembrava essere più duro del solito. Sembrava, infatti, che a tutti, se possibile, si richiedesse più disciplina, più impegno, più coesione fra i reparti. Anche presso il fuoco dei bivacchi l’argomento principale era quello delle battaglie già combattute contro le legioni romane, delle tecniche usate, degli accorgimenti individuali o collettivi da adottare e sembrava che quei ricordi portassero ad un conto che non sembrava favorevole al Sannio.
Ad Aufidena, quando Brutolo la raggiunse, regnava una grande animazione.Ogni reparto appena arrivato veniva indirizzato verso un immenso campo approntato nella vasta piana dove si sarebbe ricongiunto alle altre unità. I comandanti dei vari reparti erano poi indirizzati verso il comando di Gellio Egnatio. Presentatosi al futuro comandante supremo declinò il suo nome e la consistenza delle forze che aveva condotte. Gellio intento a sfogliare numerosi documenti sollevò il capo.
-Sei il figlio di Mamerco?
-Sì
-Conoscevo tuo padre e sono rimasto molto scosso di quanto gli è accaduto. Poteva dare ancora molto al suo popolo. Ma parlami un po’ di te. Quanti anni hai? Che esperienze hai fatto come soldato?
-Ho ventidue anni.Sono stato per un anno sul fronte lucano ed ho preso parte all’azione diversiva in Campania .
-Chi è il tuo luogotenente?
-E’ Stazio Auge, ha servito per molti anni agli ordini di mio padre.
-Lo conosco. E’ un buon soldato ed ha una notevole esperienza. Ti sarà utile.
Dopo questo preambolo, Brutolo attese di conoscere l’incarico al quale sarebbe stato destinato. Gellio Egnatio lo tenne a lungo sulle spine poi gli comunicò gli ordini che lo riguardavano.
-Conoscendo tuo padre ed i tuoi nonni penso che sarai, come loro, un buon soldato.Ti so coadiuvato da un ottimo luogotenente e quindi non t’inquadrerò in un grosso reparto. Con la vereia che hai portato, formerai la nostra avanguardia, ma ricorda che con me nessun incarico è definitivo e che ognuno, se necessario, può essere rimosso. Torna dai tuoi uomini e presentati domani quando riunirò i miei comandanti.
Brutolo raggiunse Stazio Auge e gli comunicò il ruolo che era stato loro affidato riportandogli anche i favorevoli commenti fatti in suo favore da Gellio Egnatio.
-Devi aver fatta una buona impressione perché il ruolo dell’avanguardia è molto impegnativo ed ogni errore può costare caro.
-Credo che molto del mio merito sia l’averti come secondo.
-Non crederlo è in te che è stato visto l’uomo giusto.
Tornati al campo, costatarono che Corfinio aveva provveduto all’acquartieramento delle truppe, a distribuire un rancio caldo e ad organizzare i turni di vigilanza. Nei giorni successivi mentre nuove truppe raggiungevano Aufidena, Brutolo strinse rapporti cordiali con altri comandanti e realizzò di essere tenuto in debita considerazione da tutti per la delicatezza del compito affidatogli. Quando tutto era ormai pronto per la partenza e le truppe perfettamente integrate una generale euforia cominciò a permeare l’atmosfera del campo. Nell’ ultimo rapporto tenuto prima della partenza Gellio si complimentò con i suoi ufficiali per il lavoro svolto.
-Forse non siete tutti al corrente del fatto che negli ultimi tempi si sono intensificati i nostri contatti per portare umbri, etruschi e picenti dalla nostra parte e nostro compito è riunirci a loro per tentare, riuniti, di colpire la stessa Roma dal nord. La nostra marcia non sarà facile e non sarà facile neanche la nostra collaborazione futura con i nostri alleati perché ci troveremo a far parte di un esercito disomogeneo per formazione ed attitudini militari mentre i nostri nemici ci opporranno legioni di provata esperienza ed addestrate separatamente o congiunte a combattere secondo schemi prestabiliti.Il nostro paese conta molto sui risultati che potremo ottenere perché come saprete per essere tutti provenienti da reparti combattenti né sul fronte lucano ,né sul fronte del Liri,né in Campania si sono ottenuti risultati apprezzabili ed anzi in tutta onestà dobbiamo dire di aver subita l’iniziativa romana con gran parte del nostro territorio nazionale esposto da ogni parte a razzie che stanno minando non tanto le nostre forze quanto la nostra economia. Se otteremo buoni risultati possiamo sperare che in Lucania torni a prevalere chi vuole tornare alla nostra alleanza e che in Apulia dove pure contiamo su buoni rapporti e qualche solida base si possano estromettere i romani liberandoci da questo accerchiamento che ci opprime. Muoveremo quasi sicuramente senza incontrare opposizione attraverso la terra dei peligni prima e poi per un breve tratto quella dei marsi, ci inoltreremo quindi nella terra degli equi, dove non sappiano cosa aspettarci, ed infine attraverso la sabina che si mostra insofferente al controllo romano dovremo raggiungere l’Umbria che probabilmente sarà al nostro fianco. Il punto di riunione con gi alleati sarà nelle vicinanze del lago Trasimeno ma questo dipenderà da molti fattori. Abbiamo dunque una lunga e non facile marcia che dovrebbe richiedere il tempo di due mercati, ma anche questa non può che essere una previsione. Sul fronte sul quale dirigeremo la situazione è in una fase di stallo in un alternarsi di iniziative,vittorie o sconfitte. Con il nostro arrivo la situazione ed il rapporto di forze dovrebbe diventare per noi favorevole e se tutto dovesse andare secondo il piano che è stato messo a punto potremmo puntare direttamente su Roma che, con le sue legioni impegnate su fronti anche tra loro lontani, risulta piuttosto sguarnita di truppe anche se si sta procedendo a massicce leve arruolando per la prima volta anche i liberti.
La marcia iniziò e Brutolo prese il suo posto come avanguardia e ben presto dovette prendere atto dell’infondatezza delle informazioni delle quali disponevano in quanto apparve evidente che le truppe romane attraversato il territorio dei peligni invece di dirigere al nord avevano puntato su Aufidena certi di cogliere di sorpresa i sanniti che vi si erano concentrati. Gellio Egnatio, furente per le errate informazioni ricevute, capì che ormai sarebbe stato impossibile per il grosso del suo esercito ritornare in tempo utile ad Aufidena e, costretto a proseguire la marcia, ordinò a Brutolo e a un contingente che avrebbe potuto procedere velocemente in quanto privo di vettovagliamenti di tornare ad Aufidena per difenderla se ancora possibile e per capire se i romani da lì intendessero proseguire verso il Sannio. Senza por tempo in mezzo, Brutolo ripercorse a marce forzate il percorso inverso a quello appena compiuto e dall’alto delle montagne che sovrastavano Aufidena comprese, dalle alte volute di fumo che si levavano dalla città, che le truppe romane dovevano aver già duramente colpito. Appena fu certo che le truppe romane non presidiassero ancora la città vi entrò rimanendo sconcertato dallo spettacolo che si offrì ai suoi occhi. Sicuramente le truppe romane, fallito l’obiettivo di cogliere di sorpresa l’esercito di Gellio Egnatio avevano sfogato la propria rabbia sulla popolazione civile brutalmente decimata senza distinzione di sesso ed età. Ovunque erano ancora visibili nelle strade e sulle porte delle case corpi orrendamente mutilati che i pochi frastornati superstiti stavano faticosamente cercando di raccogliere per bruciarli sulle pire già predisposte e che già consumavano il loro carico.Evidenti erano anche le tracce del sistematico saccheggio al quale la città era stata sottoposta. In tanta confusione, dopo il saccheggio e lo scempio di Aufidena, non fu facile appurare la successiva direttrice di marcia delle truppe romane. I pochi superstiti sembravano quasi voler dimenticare quanto era accaduto e che aveva trasformata la loro ricca e fiorente città in un cimitero. Ma finalmente si riuscì a realizzare che le truppe romane, fors’anche in virtù del ricco bottino fatto, avevano imboccato a ritroso la via che avevano percorso verso Aufidena forse anche per cercare di intercettare l’esercito sannita in marcia.
Spediti con queste informazioni corrieri a Gellio Egnatio Brutolo, pur senza ordini al riguardo, Brutolo decise di fermarsi quantomeno un giorno per cercare di ripristinare, in quella città devastata una parvenza di ordine. In effetti, era quasi impossibile decidere da dove cominciare visto il gran numero di morti da sgomberare, delle tante famiglie rimaste senza un tetto, delle donne che più volte stuprate vagavano in evidente stato confusionale alla ricerca di persone e cose e spesso ignare del luogo e del tempo nel quale si ritrovavano sperdute. Di fronte a tale scempio a lui nuovo, Brutolo si rese conto dell’impossibilità di affrontare i molteplici problemi che si imponeva andassero invece risolti e per spirito di pietà e per solidarietà umana verso dei connazionali duramente provati. Chiamato Corfinio, anche lui attonito di fronte a tanto scempio e messo per la prima volta di fronte ai lati peggiori della guerra, gli impartì i suoi ordini.
-Tu hai sempre dimostrato un gran senso pratico e la vita ti ha sempre posto di fronte alla necessità di affrontare e risolvere nuovi problemi. Resterai qua con un distaccamento minimo dei nostri uomini e cercherai di aiutare questa gente. Sono sicuro di poter contare su di te. Se potrai, ci raggiungerai ma comunque se riterrai opportuno di non farlo non ti biasimerò.
-Quanto mi chiedi mi spaventa e mi preclude la tanto attesa partecipazione attiva alla guerra. Ma ritengo giusta la tua decisione di aiutare questa gente e quindi resterò. Se potrò ti raggiungerò.
-Grazie Corfinio.Se lasciassimo tutto com’è, non mi sentirei più in pace con me stesso. Mi spiace per i tuoi sogni di soldato ma comunque credo che questo compito sia più importante che combattere. Questa è la nostra gente dobbiamo tenerlo a mente.Io se sarà possibile combatterò anche per te e per vendicare lo scempio che abbiamo sotto gli occhi.
Lasciato Corfinio al suo ingrato compito, Brutolo velocemente si ricongiunse all’esercito in marcia e prima dovette riferire a Gellio Egnatio che si complimentò per la decisione presa verso i superstiti della città ,e poi rispondere alle tante domande che tutti sembravano volergli porre fossero o meno legati a persone o interessi nella devastata Aufidena. Risposte che, date ai comandanti e da questi riportate alla truppa, accesero gli animi dei soldati rinforzando la loro motivazione.
–Le tue parole ed il tuo racconto hanno impressionato gli uomini ed accresciuta la loro voglia di battersi– si complimentò successivamenteGellio Egnatio.
-Non era questo quello a cui miravo ma volevo solo che sapessero che abbiamo di fronte un nemico determinato e spietato.Molti di loro sono nuovi, come me del resto, a questo genere di orrori ed è bene ci si preparino.
Ripresi i suoi compiti di avanguardia, pur attraversando ancora un paese non dichiaratamente amico ma comunque non ostile, non mancarono marginali scontri in quanto chiaramente i romani muovevano le fila di quella parte della popolazione che aveva sentimenti filo romani.Non presentò problemi attraversare il territorio degli equi anche se prudenzialmente si evitarono Alba Fucens a Carseoli. La situazione cambiò invece quando le truppe sannite misero piede sul territorio dei sabini terrorizzati dal fatto che una loro acquiescenza al passaggio sannita potesse essere interpretata da i romani, non frutto di paura come, in effetti, era, ma come un atto ostile nei loro confronti e quindi passibile di ritorsioni.
In questo frangente il compito di Brutolo fu anche quello di mediare fra le due anime dei vari capivillaggio blandendo o punendo a seconda dei casi. Fu così che si cominciò a considerarlo come un freddo e determinato esecutore di ordini che sapeva, secondo le contingenti circostanze, mostrarsi comprensivo o lasciarsi vincere da un odio determinato. L’abilità dimostrata nel suo incarico fece sì che non si parlò più di temporaneità dello stesso e Gellio Egnatio spesso ebbe per lui parole di apprezzamento. Arrivati in Umbria la marcia procedette più spedita ma anche se si era in territorio alleato era difficile percepire nelle popolazioni la minima forma di solidarietà, per non parlare di entusiasmo e in umbria le truppe sannite ebbero un primo scontro con i romani quando, inaspettatamente quanto provvidenzialmente, intervennero in uno scontro in atto tra questi e gli umbri. Un intervento che valse una vittoria e numeroso bottino.
Raggiunti gli alleati a Perusia si poté constare con soddisfazione che avevano in campo forze consistenti e ben organizzate e che i sia pur marginali scontri che già avevano sostenuto con truppe romane si erano per lo più risolti in loro favore. Mentre i comandanti alleati mettevano a punto i piani per le successive operazioni congiunte, i loro collaboratori cercarono di amalgamare le forze combattenti così che nei futuri scontri i potenziali delle diverse forze nazionali potessero essere esaltati con generale profitto.In tale ottica si portarono attacchi congiunti contro campi e linee di rifornimento delle forze romane.
La determinazione e la freddezza dimostrata da Brutolo in diversi scontri gli valse la generale considerazione dei suoi superiori ed una rapida ascesa nella scala gerarchica. In diverse occasioni si trovò spesso ad operare con Lollio un altro comandante emergente sannita , un pentro di modeste origini ma di grande coraggio e di grande ascendente sulle truppe. La sua nomina ad ufficiale se la era meritata sul campo per acclamazione della truppa e non c’era poi stato incarico che non avesse saputo assolvere con perizia usando personali doti di tempismo ed una capacità di cogliere al volo la minima opportunità per portare a compimento gli incarichi affidatigli.Suo compito prevalente, simile a quello di Brutolo, era di colpire, ricorrendo alla massima mobilità possibile, i presidi romani lungo le vie di comunicazione o i piccoli reparti in marce di trasferimento.
A differenza di Brutolo Lollio agiva con una gioiosa determinazione che sapeva trasfondere nei propri commilitoni trasformando ogni azione in una avventura. Se Brutolo sceglieva i suoi obiettivi dopo una attenta valutazione di ogni possibile conseguenza, Lollio agiva d’istinto tramutando imprese teoricamente temerarie in successi. Se Brutolo era introverso, e lo era ancor più dopo la morte di Ania, Lollio era al contrario estroverso e sempre pronto da ogni iniziativa a trarne un personale piacere. I due giovani pur così diversi fra loro avevano finito per legarsi di solida amicizia fra lo stupore degli altri ufficiali sanniti che in loro non intravedevano possibili punti di contatto sul piano caratteriale.
–Non capisco perché tu sorrida così poco– Lollio stuzzicava l’amico-Viviamo in un momento difficile, la nostra vita è sempre in pericolo e quindi perché tanta serietà.Impara a prendere il meglio là dove lo puoi trovare.Una buona bevuta, l’amore di una femmina, il divertimento di un buon combattimento ci rendono sicuramente più facile accettare il rischio di morire.
–Sono sicuro che sia tu, e non io, ad essere nel giusto-replicava Brutolo-ma credimi mi comporto in questo modo non per superbia o per altro.Sono fatto così e basta. Sapessi quante volte avrei preferito avere il tuo carattere.
-Credo che prima o poi riuscirò a trasformarti in un essere umano.
-Lo spero anch’io.
-Vedrai che un giorno infilerò nel tuo letto una bella schiava o una prosperosa prigioniera o fors’anche una verginella, anche se sono difficili da trovarsi, e credo proprio che sapranno risvegliare il ragazzo che è in te. In fin dei conti abbiamo la stessa età e quindi dovrai pur sentire le stesse cose che sento anch’io….laggiù.
-Non nego di sentire anch’io i tuoi desideri ma ho molto amata mia moglie e dopo la sua morte è morto qualcosa anche in me.
Comprendendo che a questo punto di essere era andato oltre i limiti Lollio cambiò discorso ripromettendosi in cuor suo che un giorno avrebbe ridato a Brutolo la giovinezza dimenticata.
Capitò tuttavia che in una delle sue temerarie iniziative Lollio finisse per trovarsi di fronte forze nemiche talmente superiori di numero da esserne irrimediabilmente accerchiato tanto da doversi rassegnare al fatto che la sua ora fosse arrivata. Ma, per sua fortuna, uno dei suoi uomini riuscito ad allontanarsi dal luogo dello scontro si era imbattuto nel reparto di Brutolo di ritorno da una delle sue scorrerie. Una volta tanto d’impulso Brutolo corse in aiuto dei compagni ed anche realizzando che il suo ulteriore apporto non avrebbe cambiato lo sfavorevole rapporto di forze dette l’ordine di impegnare il nemico. Una volta ingaggiato il combattimento scorse Lollio circondato da numerosi nemici che, ridendo di cuore, si batteva come un disperato nonostante che il suo scudo fosse ridotto a pezzi e che il sangue scorresse da numerose ferite.L’improvvisa entrata in scena della vereia di Brutolo e la consumata esperienza dei suoi uomini ribaltò contro ogni logica previsione l’esito dello scontro. Questo impari combattimento si svolgeva sotto le mura di Camerinum, dove Lollio si era recato, convinto di non incontrare forze romane, per convincere gli indecisi abitanti di quella città a prendere posizione contro i romani.Ora quella stessa popolazione dall’alto delle mura seguiva lo scontro incitando a gran voce l’uno o l’altro dei due contendenti e scommettendo sull’esito finale dello scontro. Quando sembrò che le truppe sannite stessero ormai prevalendo un gran polverone all’orizzonte diradandosi mostrò il grosso delle truppe romane che, console e littori in testa, si avvicinavano. Lollio e Brutolo ormai combattevano affiancati e non poté loro sfuggire il nuovo incombente pericolo.
-Mi dispiace Brutolo di averti costretto in barba alla tua proverbiale assennatezza e prudenza ad invischiarti in questa avventura. Ma ti confesso che dovendo morire mi farà piacere avere un amico al fianco.
-Lo stesso dicasi per me.
Approfittando della temporanea distrazione dei loro assalitori, visibilmente elettrizzati dall’arrivo delle truppe amiche, i due amici si strinsero in un cameratesco e fraterno abbraccio di addio. Ma un silenzio improvviso dei loro assalitori più diretti ed un ulteriore mormorio di meraviglia che si era levato dalle mura di Camerinum li riportò alla realtà e seguendo l’ampio additare che si faceva sulle mura videro che sul versante opposto a quello dal quale muoveva l’esercito consolare romano erano ben visibili le insegne sannite ed il loro esercito che, al completo, procedeva in formazione di combattimento. Romani e sanniti che avevano originato l’iniziale duello compresero che il loro ormai insignificante scontro era concluso ed ognuno recuperati i propri feriti mosse per ricongiungersi al grosso delle proprie truppe.
Una volta ricongiuntisi Lollio e Brutolo realizzarono che i comandanti degli eserciti contrapposti, visto che presto il sole sarebbe calato, avevano deciso di rinviare lo scontro all’indomani per poter contare su più ore di luce. Si stavano, infatti, scaricando da muli ed asini le lunghe travi che avrebbero costituito i rispettivi perimetri difensivi dei campi ed i fanti, messa mano alle pale, scavavano i fossati ed opere di difesa ed offesa. Fabbri e falegnami senza perdere tempo avevano iniziato il lavoro e l’intera pianura risuonava dei rumori di una contrapposta frenetica attività che sarebbe proseguita anche la notte perché già si provvedeva ad accendere le fascine che avrebbero rischiarato il lavoro notturno. Squadre a ciò destinate muovevano intanto alla ricerca ed al trasporto di ulteriore materiale da ardere che a seconda dei casi sarebbe stato utilizzato per creare una barriera di fiamme contro il nemico avanzante o come arma incendiaria da lanciare in campo avverso per scompaginarne le fila.
Se i romani godevano di una meritata fama per l’abilità di approntare in tempi rapidi strutture e strumenti di difesa ed offesa, i sanniti stavano facendo rapidi progressi in questo campo sfruttando tecniche ed insegnamenti che venivano fatti risalire ai viaggi di Papio Pentro. Brutolo ricordando che gli uomini stavano attuando suggerimenti di suo nonno stimò che se fosse stato vivo avrebbe avuto centoquarant’anni, e considerò che più o meno tanti erano quindi già gli anni che avevano già visto il suo popolo contrapposto ai romani.
I due amici assicuratisi che le proprie truppe stremate potessero ora godere di un breve riposo prima dello scontro che le attendeva l’indomani diressero verso il punto dove Gellio Egnatio circondato dai suoi ufficiali stava dando le istruzioni per l’attacco. Il comandante indirizzò loro un tacito saluto che voleva anche esprimere la gioia di vederli entrambi illesi e proseguì nella esposizione che stava facendo
–Proprio prima di muovere ho avuto notizia che al sud Minatio Staio sta riportando una serie di successi. I territori dei falerni e degli aurunci sono più o meno sotto nostro controllo perché i romani hanno sguarnito quel fronte per fronteggiare le nostre truppe.Ora sta a noi ottenere una vittoria che dia una svolta decisiva alla guerra.Voglio che Camerinum resti impressa nella storia come una prima nostra grande vittoria. Il terreno di scontro è più favorevole ai romani ma non credo che questo ci impedirà di prevalere se ognuno farà il proprio dovere. Che gli dei ci proteggano!
L’indomani entrambi i campi fervevano di attività già prima che albeggiasse. Mentre gli auguri traevano auspici i soldati si preparavano formando i ranghi ed i soldati a ciò delegati preparavano i campi per i feriti ed i roghi per bruciare i caduti. Brutolo e Lollio occupavano con le loro vereie il punto centrale dello schieramento.Entrambi fortemente motivati, come del resto tutti nello schieramento sannita, provvedevano a ripetere le ultime raccomandazioni che venivano poi ripetute a gran voce lungo tutte le file.All’alba le truppe etrusche, come convenuto, vennero a prendere posizione sull’ala destra dello schieramento e tutto fu pronto per lo scontro.
Preceduti da un possente urlo, subito assunto il passo di corsa, le truppe romane si lanciarono sullo schieramento avverso quasi precludendo il ricorso ai lanci di frecce e di giavellotti che avrebbero potuto rallentare una loro tradizionale avanzata. Lo scontro si tramutò quindi rapidamente in un corpo a corpo che non mancò di aprire, in entrambi i fronti, grandi varchi che venivano senza tregua colmati dai rincalzi. Sembrò, dopo che già da tempo si combatteva, che l’ala destra tenuta dagli etruschi stesse cedendo. Gellio Egnatio distaccò quindi Lollio su quell’ala e la situazione fu recuperata. Subito dopo il centro sannita a rompere il fronte romano che dopo uno sbandamento iniziale si ricompattò. Unico sollievo per i contendenti impegnati nel duro scontro era che pur essendo una giornata calda ed assolata il sole veniva coperto da veloci e minacciose nuvole trasportate dal vento.Se il caldo era quindi in parte sopportabile, il peso delle armi, l’impegno fisico e la durezza dello scontro stavano fiaccando la resistenza di entrambi gli schieramenti senza che si potesse prevedere una prevalenza dell’uno o dell’altro.
Era consuetudine che cominciando a calare le tenebre i combattimenti si interrompessero e i contendenti ormai aspettavano tale segnale per poter rientrare ai rispettivi campi per riprendere il combattimento l’indomani lasciando nel frattempo libero il campo al solo pietoso lavoro dei portaferiti che per tutta la notte, muovendo torce alla mano, avrebbero raccolti i feriti e dato il colpo di grazia agli intrasportabili ed ai moribondi. Quando un combattimento si interrompeva senza vinti né vincitori uno dei rischi ipotizzabili era che uno dei contendenti con il favore della notte potesse lasciare il campo o per evitare lo scontro dell’indomani o per spostarsi su posizioni più favorevoli.
Fu un’abile intuizione di Gellio Egnatio a risolvere la situazione perché ad un suo ordine le linee etrusche sembrarono cedere e ritirarsi subito inseguite dalle truppe romane certe di avere in extremis la vittoria in pugno. Ma il finto cedimento era servito solo a scompagnare le file romane per permettere con un’abile e veloce manovra dell’ala sinistra sannita di accerchiarle. Nelle file romane, complice la stanchezza, fu il caos più totale. Gran parte dei liberti recentemente reclutati e i non cittadini cominciarono a gettare le armi e cercare la personale salvezza nella fuga. Il grande urlo liberatorio che si levò dalle fila sannite fu così dirompente da gettare ulteriore panico in chi nello schieramento romano ancora tentava una disperata resistenza e sempre più numerosi furono coloro che cessarono di combattere rimettendosi in mano nemica nell’unica speranza di aver salva la vita. Solo una esigua parte dei romani riuscì a disimpegnarsi ordinatamente e Gellio Egnatio non ritenne di dare l’ordine di inseguirle considerando che la sua vittoria non necessitava certo di quell’ulteriore completamento.
Quando l’indomani si provvide ad una valutazione delle perdite si poté constatare che più di venticinquemila morti, equamente divisi tra le parti, giacevano sul campo di battaglia.Ma i sanniti avevano in più in loro mano circa quindicimila prigionieri ed un enorme bottino che nella fretta della fuga il console aveva trascurato di dare alle fiamme.Per di più molti dei prigionieri chiesero di poter cambiare campo e Brutolo e Lollio furono delegati a vagliare le loro richieste. A metà pomeriggio il lavoro di smistamento dei prigionieri era stato ultimato e gran parte di loro avviata sotto scorta verso il Sannio per essere impiegati in tutti quei lavori pesanti che, causa la guerra, non disponevano più di braccia sufficienti. Le donne al seguito delle truppe romane, trovate nel campo base, dovettero rassegnarsi a numerose violenze ma per una gran parte di loro la violenza, se tale fu, fu accettata come una naturale conseguenza cui non ribellarsi. La giornata successiva alla vittoria vide i maggiorenti di Camerinum fare atto di sottomissione al Sannio ed impartire l’ordine di aprire le porte della città ai sanniti il tutto molto probabilmente dopo aver provveduto all’epurazione nel sangue dell’elemento filoromano. In serata, graditissima giunse infine una delegazione dei galli senoni per annunciare che il grosso delle loro truppe era in arrivo. Quando a tarda sera Brutolo sentì di aver assolto a tutti i propri doveri, deciso a rompere la sua lunga astinenza sessuale, ordinò che gli venisse portata una donna.
Per il Cap 37 Cliccare QUI
Editing: Enzo C. Delli Quadri
Copyright: Altosannio Magazine
[1] (Nota di Enzo C. Delli Quadri) Quando molti anni orsono, Paride Bonavolta, mise mano a questo lavoro fu a lungo combattuto tra l’idea di “scrivere di storia” e quella di “romanzare la storia” per renderla più avvincente se vissuta da personaggi con la stessa interagenti. Scelse la seconda, anche perché, di storicamente definito, nonostante l’opera del canadese E.T. Salmon professore emerito alla Mc. Master University in Canada e di altri studiosi, c’è poco e quel poco rifà alla storia scritta dai romani, cioè dai vincitori. Cosicché, i Sanniti, dai loro scritti, non hanno ottenuto quella visibilità e giustizia che forse avrebbero meritato.
Attraverso la vita di 7 personaggi immaginari (Papio, Tauro, Mamerco, Brutolo, Murcus, Gavio, Herio), la storia dei Sanniti di Paride Bonavolta si dipana dal 354 a.C.(data del primo trattato dei sanniti con Roma) al 70 d.C. (morte dell’ultimo dei sette personaggi, quasi 20 anni dopo la Guerra Sociale). Ma, attraverso i ricordi del primo personaggio, Tauro, la storia riprende anche avvenimenti iniziati nel 440 a.C.
I sette personaggi della stessa famiglia, nell’arco di questo periodo, vivranno gli avvenimenti storici che contrapposero romani e sanniti nel contesto più generale degli avvenimenti della penisola italica interagendo quindi con personaggi famosi quali il re epirota Alessandro il Molosso, Pirro, Annibale ed infine Spartaco.