La morte ai paesi

Terminati i tempi della emigrazione massiccia, in quanto c’è poco ancora da emigrare. I vecchi rimasti si sono rassegnati a vivere con ostentazione la propria dimensione cercando di eludere il sottile mormorio che la terra del cimitero emette discreto. Non vuole rappresentare una violenza, quel mormorio, ma un richiamo alla condizione di natura. C’è chi nasce, vive e muore. C’è chi nasce, vegeta e marcisce. In ogni caso questa dicotomia non ha senso in quanto la duale condizione torna nuovamente all’uno: l’umidiccio scuro della terra.

PAESANO:  

 MI innamorai di una persistente nuvola rosa che mi era casa, spensieratezza e rifugio. La nuvola con   il passare del tempo perse gradualmente il bel colore, e lo perdeva in relazione diretta con l’accrescersi dei miei anni. Un bel giorno mi accorsi che preparava le valigie.

“Andava nel paese del quale aveva sentito troppo parlare. Aldilà dei monti e della ferrovia, dove ti lasciano sopravvivere se rinunci al tuo colore. Dove negli ipermercati si può comprare di tutto, anche le cose di nessuna utilità pratica e di contro ai soldi che spendi per comprare: sono loro che rapinano il briciolo di anima che ti è rimasto. Quel briciolo lo cedi in cambio di una apparente tranquillità e di una apatia che ti è congeniale. La integrazione può riuscire bene in quanto il DNA è predisposto per fattore congenito.

Andava nel paese dove si compra e si vende la morte, oltre il muto ronzare delle sue stelle fisse.

“Nuvola bella, soffrirai la solitudine e litigherai con un vento che non ti appartiene quando ti sballotterà attraverso il cielo depositandoti in orizzonti che non hai chiesto tu di visitare! Diventerai come lo schiavo contento di appartenere al suo padrone, in quanto gli procura: il cibo, una casa, e gli assicura una discendenza di schiavi senza che venga leso da preoccupazioni.

NUVOLA

 “Mio caro fanciullo la tua ingenuità mi stupisce. Non è più come una volta che, bene o male, anche perdendo la tua identità potevi, forse fare la scalata sociale e diventare: magistrato, senatore, chirurgo di fama o finire manovale o capomastro in un polveroso cantiere bloccato perché il costruttore era in odore di camorra.

Non esiste differenza fra paese e città, in quanto la televisione ha appiattito le teste rendendole simili in ogni anfratto di sistema. Vado via sperando di guadagnare un nuovo cielo che mi possa permettere di mangiare almeno il residuo di universo fagocitato dai potenti.

Il cittadino una volta era visto dai paesani come persona divenuta civile appartenente a un mondo diverso. Era invidiato quando tornava con la seicento stracarica di pacchi, ostentando una lingua che a lui non apparteneva ma voleva sentirsi partecipe di una diversa realtà. 

Oggi il paesano non ha nulla da invidiare al cittadino, è divenuto un “oltremodo paesano”

La realtà di paese comporta strade pulite con nemmeno una cicca rotolante al venticello fresco delle sere di estate.

Le città sono invase da cumuli di immondizia maleodorante, invece. Solitari, tazze del cesso e frigoriferi rotti fanno cattiva mostra di se e delle amministrazioni comunali affidate a gregari accuratamente scelti.

I paesi sono invasi da cessi interiori, da una entropia del disgusto e della cattiva azione. Litigi, rivalse, stupide vendette.”

PAESANO

Portami con te, allora! Che faccio io da solo in questo Limbo di gelido inverno senza potere parlare più con nessuno!

NUVOLA

Qui rimangono i” torzoli delle fòglie” a vegetare e maturarsi nel freddo di Gennaio.

Rimani dove sei nato! Qui avrai sempre un amico che un giorno verrà a pregare e un nemico che verrà a rubare un fiore di plastica sulla tua tomba! Entrambi manifesteranno, comunque, la tua remota presenza.

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Copyright: Altosannio Magazine; 
EditingEnzo C. Delli Quadri

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2 pensieri riguardo “La morte ai paesi

  1. La “nuvola” è stata troppo buona con la televisione, a differenza di padre Pio da Pietrelcina – vero sannita – che la aveva inquadrata profeticamente in maniera perfetta.
    A me, infatti, pare evidente che è stata la TV a spianare la strada verso l’idolatria dei dispositivi per scopamicizie o, meglio, delle invenzioni di mr. Zuckerberg & co., che sono su scala planetaria l’equivalente dei paesi “invasi da cessi interiori” (e proprio per questa loro caratteristica sono il software di cui quei dispositivi hanno avuto bisogno per riuscire a incatenare miliardi di persone a una volontaria schiavitù).
    Questa, provocata dalla TV e dalle invenzioni di cui sopra, è stata la spallata decisiva che ha affossato le regole di convivenza con tutto il creato – in primis, con i nostri simili – proprie del DNA della civiltà agreste, contadina e silvopastorale, sbeffeggiata nel villaggio globale di oggi molto più crudelmente che in quello paesano di ieri (in cui i pochi “signori” guardavano dall’alto in basso i molti “cafoni”).
    Comunque, mi congratulo con Lei per aver saputo strutturare l’apologo in maniera perfetta (a partire dalla descrizione del “mormorio che la terra del cimitero emette discreto”)
    Se dovessero maturare le condizioni affinché Lei possa raccogliere il testimone lasciato nelle nostre plaghe da Paride Bonavolta (r.i.p.), credo varrà la pena di provare a costruire un rapporto – vero, non virtuale – tra noi (io sono il cognato altosannita di Enzo Delli Quadri).
    Ad maiora !

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