Mario Antenucci
Tratto dal suo libro “La Terra da Scoprire” [1]


Mi trovo ad attraversare e scollinare la campagna molisana dell’AltoSannio e della Valle del Trigno, costellati da immensa solitudine, da tanta bellezza e da profondi, mutevoli, diversi silenzi a seconda del luogo che si tocca o in cui ci si ferma. Una terra dagli spazi immensi dove il paesaggio si apre ampio e sconfinato verso Est in cerca del mare Adriatico. Dietro ogni curva si scopre un angolo segreto, un borgo antico mai visti. Non mancano vedute mozzafiato che potrebbero stimolare la sensibilità e il pennello di qualche pittore. A primavera si colora di variopinti disegni e giochi che la natura improvvisa, del tappeto verde argenteo dei campi che allietano la vista e fan gioire l’animo in una sorta di attraente suggestione. La natura e il paesaggio, con la presenza di montagne e vallate di suggestiva bellezza, rimangono mitici ed incantevoli, pittoreschi, oasi di quiete non selvaggi ma bonificati, curati dall’uomo per il suo benessere fisico e spirituale
Lungo il fondovalle, che incomincia a scorrere da Isernia e che prende il nome dal fiume Trigno, che consente un più facile raccordo tra la fondovalle e i paesi che si affacciano su di essa, rombano i motori delle auto sfrecciando velocemente; i pianori e le valli, strappati alla montagna dal faticoso lavoro dell’uomo, sono stati abbandonati e solo qualche trattore, qualche motosega, le voci della natura – l’abbaiare di un cane, il frinire delle cicale, lo stormire di foglie, il canto degli uccelli, il borbottio di qualche ruscello – da lontano movimentano quell’aria silenziosa agreste.
Il fiume, che prende le mosse da Vastogirardi, scorre molto tortuoso fino alla piana di Trivento – lungo il percorso è possibile ammirare speroni rocciosi che stanno a testimoniare una complessa evoluzione morfologica del letto e delle sue sponde – e poi serpeggia pacatamente sino a sfociare nel mare Adriatico accarezzando le regioni sorelle confinanti del Molise e dell’Abruzzo.
Scoprire il Molise è come fare un viaggio nel tempo.
Il Molise di oggi non è più quello descritto da Lina Pietravalle in cui i paesi erano costituiti da “casette con le scale che vengono fuori dalle finestre con i piccoli vetri grezzi luccicanti d’ottone e i vampiri e le corna di cervo sulla porta come trofei di barbari e le piazze con la malinconia e la parsimonia, l’odore del caglio e di resina, la rassegnazione a lavorare la terra solo con le braccia, i rari canti nostalgici delle campagne”.
I paesi molisani, ora piccoli borghi, soprattutto quelli montani e collinari, se, da un lato, negli anni sessanta, hanno perso le migliori forze lavoro, impossibilitate a sopravvivere in una terra avara, con l’emigrazione verso i paesi europei o all’interno, con uno sradicamento doloroso e lo spopolamento, dall’altro le rimesse economiche, frutto del duro lavoro e dei sacrifici affettivi delle genti partite per terre lontane, hanno permesso alle famiglie di migliorare il loro tenore di vita, di riscattarsi socialmente ed umanamente.
Ognuno ha potuto tirare un sospiro più respirabile: le case, che erano per lo più dei monolocali in cui intere famiglie convivevano con animali domestici (galline. pecore, capre…) in condizioni igieniche estremamente precarie e che assomigliavano più a tuguri per la loro miseria, hanno assunto una dimensione umana; così la ristrutturazione e l’ammodernamento delle abitazioni hanno dato ai paesi una nuova vitalità, una immagine più umana.
Le amministrazioni pubbliche con gli interventi economici hanno potuto mettere mano alla urbanizzazione e al miglioramento del territorio finanziando opere civili (quelle elettriche, idriche e fognanti, stradali) e fornendo servizi ai cittadini, cambiando radicalmente il loro modo di vivere.
Oggi, agli albori del terzo millennio, questi borghi ancora una volta soffrono; soffrono per una totale desertificazione da parte dei giovani che vanno via in cerca di lavoro e solo qualche traccia di presenza umana e il vento li animano.
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[1]Mario Antenucci, così come rileva Francesco D’Episcopo nella prefazione del suo libro, si addentra nei segreti di un Molise meno conosciuto e battuto, perché più interno e collegato più intimamente all’Abruzzo. Ma questa è terra nostra e il fiume che l’attraversa scandisce il ritmo di una fondovalle che aiuta anche l’autore di questo libro a ricomporre il saliscendi di una terra, geologicamente, tra le più varie e tormentate d’Italia, come ebbe bene ad arguire Francesco Jovine nella sua suggestiva descrizione.
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Editing: Enzo C. Delli Quadri