Terra da scoprire: Da Civitanova a Pietrabbondante…….

di Mario Antenucci
Tratto dal suo libro  “La Terra da Scoprire” [1]

Civitanova del Sannio

            All’indomani ricomincio il mio viaggio laddove l’occhio ha un’ampia veduta della valle che si stende, aperta a ventaglio, fino alla piana verso il mare.

Scendendo si scoprono, da un lato e l’altro del fiume Trigno,  paesi che un tempo erano vissuti freneticamente da contadini e piccoli artigiani,  ora borghi con pochi anziani le cui vie e vicoli si rianimano di genti native del luogo che vanno a trascorrere, nella pace e nella serenità, alcuni giorni di vacanze. 

Il primo a comparire al mio aspetto, sulla destra, è Civitanova del Sannio:  paese che diede i natali al clinico Antonio Cardarelli,  esponente di spicco della scuola positivo-naturalistica napoletana che si poneva il problema della diagnosi della malattia studiando accuratamente il malato e poi utilizzando il ragionamento clinico. Così come li diede a Giuseppe Pianese, illustre medico accademico scienziato.

Subito dopo proseguendo nel piacevole percorso, a sinistra del fiume e della fondovalle, avvisto il borgo di Chiauci che mi riporta alla lettura sulle vestigia del primo ingresso, da sposa,  fastoso e trionfale in esso di Lina Pietravalle,  con riti e consuetudini del luogo. 

            Oggi, sempre scendendo dalla montagna verso il mare, a ridosso del corso del fiume, raggiungo Pietrabbondante,  borgo “di pietre e di vento”, e il suo “magico” teatro.

Pietrabbondante

Arrivando sul luogo, dopo aver percorso una serie di curve, salta subito all’occhio il grande complesso monumentale architettonico-archeologico del teatro, costruito a sei settori, a semicerchio. L’immagine si incastra “come tessere in un mosaico” in mezzo alla campagna solitaria e da dove, al tramonto, il cielo si colora di rosso infuocato.

            Ai lati si riscontrano due porte ad arco che servivano da entrata per il pubblico. I sedili del semicerchio sono blocchi squadrati con schienale incorporato. I gradini, su cui sedeva il pubblico spettatore, sono decorati alle estremità da zampe di leoni, simbolo che essi erano riservati alle personalità pubbliche.

Così Cesare Brandiin “Magia d’un tempio nel prato” pagg. 352-353– “C’è tutto il grandissimo podio, alto più di tre metri, che fa come da terrazza, e dietro e ai due lati ha uno splendido muro a retta di grandi massi poligonali che di per sé è un gioiello: e davanti il teatro, che, nella parte bassa dell’ima cavea, è conservatissimo, con i sedili con lo schienale, e il resto della summa cavea con due gradini e il manto verde erba. Tutto questo è l’importante, ma poi ci sono i resti di un altro tempio ionico più antico e di un portico con botteghe che si collegava all’area sacra”. 

Pietrabbondante Ingresso al Teatro

            Il complesso architettonico è costituito anche da due templi e da una domus pubblica. Il tutto fa pensare che nel comprensorio si svolgesse ogni tipo di attività – da quella di culto a quella pubblica e commerciale – e che  il sito fosse una vera e propria cittadina con un proprio tessuto urbano.

            Le testimonianze più antiche risalgono al II secolo a.C. dopo le guerre sannitiche: il teatro fu costruito intorno a quell’epoca ed ultimato nel 95 a.C. circa. Lo testimonia anche lo storico romano Tito Livio. Il teatro e i due santuari furono frequentati fino alla fine dell’impero romano. I templi furono saccheggiati dai longobardi e dai normanni e molti resti furono utilizzati per edificare la nuova Pietrabbondante ai piedi delle morge.Sembra che il nome “Pietrabbondante” derivi proprio dalla notevole presenza di rocce sparse in tutto il territorio. Passeggiando tra le vie del borgo si respira la storia del luogo (un passato antico nei secoli). Il suo centro storico conserva immutate le tipologie abitative di origine medievale.

Varie catastrofi naturali seppellirono l’area sacra sannita e solo nel 1858 fu riscoperto casualmente il teatro.

            Dobbiamo alla intelligenza, alla competenza, alla perseveranza,  alla ricerca e agli studi di Adriano La Regina, Presidente dell’Istituto Nazionale di Archeologia e Storia dell’Arte già Sovrintendente all’Archeologia e BAAAS del Molise, la individuazione di resti, riportati alla luce nel 2016, di un altro edificio sacro del santuario sannita – la domus publica –costruito anch’esso intorno al II secolo a.C. e sopravvissuto fino al V secolo d.C..

            A conclusione di questo excursus, ritengo che il sito di Pietrabbondante possa essere definito il simbolo dell’archeologia molisana dell’antico Sannio.

Grazie anche a Theodor Mommsen, giurista filologo epigrafista tedesco, studioso della Roma antica, che contribuì molto a fare la storia e l’archeologia del Sannio e di Pietrabbondante. Ospite del duca di Pescolanciano visitò, per la prima volta, l’alto e antico Sannio e Pietrabbondante. Identificò gli edifici che erano stati scoperti alle pendici di monte Saraceno con Bovianum Vetus  dopo aver interpretata una iscrizione osca.

Insomma l’AltoSannio è il luogo dove si può respirare l’atmosfera virgiliana delle Bucolichee si può sentire ancora tintinnare, di lontano, lo sferrìo delle armi dei Romani e dei Sanniti volti alla conquista di questa Terra.

Lascio alle spalle le creste capricciose e le “cime ineguali”, di manzoniana memoria, delle montagne e riprendo il mio itinerario dal punto in cui l’avevo lasciato, da quel luogo “carico di risonanze umane e culturali” che incute rispetto per la sua storia e per quelli che l’hanno fatta con tenacia sacrificando vite.

            Mi affaccio di lassù con una vista ampia di colline, di batuffoli di nuvole e di paesi. 

Ed ecco Bagnoli del Trigno,  Salcito;  si intravede qualche casa di Schiavi d’Abruzzo sull’altra sponda in territorio teatino; Trivento con la sua piana,  Roccavivara che distinguo per essere la mia roccaforte e  dove faccio ritorno molto spesso per cui riconosco varie immagini  impresse nella memoria.

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Copyright: Altosannio Magazine; 
EditingEnzo C. Delli Quadri


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[1]Mario Antenucci, così come rileva Francesco D’Episcopo nella prefazione del suo libro, si addentra nei segreti di un Molise meno conosciuto e battuto, perché più interno e collegato più intimamente all’Abruzzo. Ma questa è terra nostra e il fiume che l’attraversa scandisce il ritmo di una fondovalle che aiuta anche l’autore di questo libro a ricomporre il saliscendi di una terra, geologicamente, tra le più varie e tormentate d’Italia, come ebbe bene ad arguire Francesco Jovine nella sua suggestiva descrizione. 

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