di Mario Antenucci
Tratto dal suo libro “La Terra da Scoprire” [1]

Seguendo il corso tortuoso del fiume Trigno mi avvicino e sono attratto dalla “Preta” di Bagnoli, una roccia massiccia che si erge maestosa e che domina l’intera valle del Trigno. La vista è così pittoresca che il Mommsen la definì “la perla del Molise”. Essa divide il paese in due parti – terre –, la “terra de vascia” che si stende nella parte bassa sotto la roccia e la “terra de ‘ncoppa” ricadente nella parte alta della medesima roccia.
Una leggenda narra che, nell’antichità, ciascuna “terra” aveva un suo dialetto.
Nel mese di agosto, come da tradizione, si rievoca l’elezione dei due sindaci , uno per ogni terra. Una manifestazione rievocativa del rito dello ius primae noctis che riaccende la festa nel piccolo borgo con costumi d’epoca, con degustazione di prodotti tipici, con musiche canti e balli.
“La leggenda vuole che sin da tempi antichi, in una notte del mese di agosto, dal castello che sovrasta la roccia posta al centro del paese, si librassero delle fate, per cui, chi l’avesse avvistate ed espresso un desiderio, lo avrebbe di sicuro realizzato.
È giunta l’ora, dal castello ecco che esce la fata. Tutti, con la testa all’insù esprimono un desiderio e i nostri innamorati, l’un l’altro abbracciati, lanciano la speranza del coronamento del loro sogno d’amore.
È mezzanotte, lo sposo porta la serenata alla sua “zita”: il matrimonio è ormai cosa fatta. Lei si affaccia al balcone e scende poi in strada per abbracciare il suo amante, ma ecco che arriva il Duca a riaffermare il diritto della prima notte sulla bella fanciulla.
L’ennesima angheria, per un popolo povero e sottomesso, questa volta finisce male: è rivolta, il Duca ucciso e il castello dato alle fiamme”.
L’incendio del castello con fuochi d’artificio conclude la manifestazione.
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[1]Mario Antenucci, così come rileva Francesco D’Episcoponella prefazione del suo libro, si addentra nei segreti di un Molise meno conosciuto e battuto, perché più interno e collegato più intimamente all’Abruzzo. Ma questa è terra nostra e il fiume che l’attraversa scandisce il ritmo di una fondovalle che aiuta anche l’autore di questo libro a ricomporre il saliscendi di una terra, geologicamente, tra le più varie e tormentate d’Italia, come ebbe bene ad arguire Francesco Jovine nella sua suggestiva descrizione.