Quella Cosa – Il Prolasso Uterino – Resezione Gastrica – Maria

Storie professionali del dr. Carlo Fiocca

il dottore di campagna

Quella Cosa 

Un altro contadino invece intelligente, prima che la moglie  subisse un intervento  di natura  ginecologica, disse in dialetto  al chirurgo ciò che traduco in italiano:

Dottò, stai accorto ora che operi mia moglie. Non mi guastare quella cosa.”

“Quale cosa?”

“ Io non so che cosa è. So però che la >natura< di mia moglie tiene come due saccocce. Quando vogliamo i figli entro in quella di sopra.

Se non li vogliamo, vado sotto.”

Scoprimmo che nella vagina c’era un setto orizzontale, che la divideva.

Nella parte superiore si affacciava il collo dell’utero. La inferiore era a fondo cieco.  Allora non erano ancora entrati in commercio gli anticoncezionali ed il controllo delle nascite per la coppia  costituiva un problema. Al contadino era capitata una inaspettata fortuna, che ovviamente considerava irrinunciabile.

“ Scarpe grosse e cervello fino “ recita un noto proverbio.

Il Prolasso Uterino 

Sul tavolo operatorio del nostro ospedale giaceva, in posizione ginecologica, una signora di circa 85 anni. Era affetta da un epocale prolasso  uterino.

Da oltre un’ora il chirurgo tentava di ridurre quell’enorme descensus, attraverso centinaia di punti di sutura. La paziente era cosciente perché le avevo praticato una puntura lombare.

Dopo un’altra buona mezz’ora il chirurgo, stanchissimo, era giunto  vicino alla conclusione dell’intervento e le chiese:

“ Signora, ho quasi finito. Che dici? A quest punto……chiudo tutto?”

La immediata e secca risposta fu:

“ E che so’ morta? “

Mai arrendersi!

Troppe volte si muore anche per ignoranza. Era stato

Resezione Gastrica 

un signore di circa 40 anni e due giorni dopo, durante un controllo, notammo che il suo addome era enormemente cresciuto di volume, a causa di un esagerato meteorismo. Gli chiesi se aveva bevuto o ingerito qualcosa e  me lo negò. Ebbi il sospetto che mi nascondeva cosa era accaduto ed aprii il comodino accanto al letto. C’erano quattro bottiglie di birra: due vuote e le altre due ancora piene.

“ Ma sei pazzo? Ti rendiconto di cosa hai fatto?”

Tu dici bene, dotto’ “ E poi in dialetto: “ Le sacce sol’i che seta teneva”.

Come temuto il paziente morì due giorni dopo.

Maria

Era il nome di una donna quasi cinquantenne di Rivisondoli.

Era affetta da un cancro, che le produceva l’ascite. Il suo addome si riempiva di liquido e, quando era diventato eccessivo, bisognava praticarle una paracentesi: le si bucava l’addome, fino a svuotarlo del tutto. Periodicamente, accompagnata dal marito, si sottoponeva a quell’intervento. Gli intervalli però divennero sempre più brevi ed alla fine non la vidi più. 

Dopo circa un mese incontrai il marito, sul cui viso ogni volta che l’accompagnava avevo letto il dolore. Lo abbracciai e come per consolarlo un po’ gli dissi che la poverina ormai non soffriva più.

La sua disarmante risposta fu:

Dotto’ dici bene, ma quando tornavo a casa trovavo la porta aperta”. 

In quelle parole  c’era tutta la sofferenza di chi aveva condiviso la ineluttabilità dell’amara condanna di una persona cara e della solitudine a cui era stato costretto.

Ancora oggi  l’episodio mi commuove.

Carlo Fiocca ha esercitato la professione come Medico Condotto nel Comune di Montenero Valcocchiara e in quello di San Pietro Avellana; successivamente, come Anestesista in Ospedale, a Castel di Sangro. Migliaia sono stati i suoi pazienti. Da tanti di essi ha ricevuto indimenticate lezioni di vita; da altri, molte preoccupazioni, per fortuna ben risolte. 

Copyright: Altosannio Magazine
EditingEnzo C. Delli Quadri

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