La negghia – La nebbia

Poesia di Gustavo Tempesta Petresine tratta dal libro  “Ne cande[1] 

La negghia

E  già te véde fuménne chiène ammònde,
e de felzùne te ficche alle cavùte.
E  t’arrengìme e sctrusce, e t’accarìzze
vraccia d’abbìte, jèrve e fundanèlle.

Può t’abberrìte attòrne a chi camìna,
coma pe r’annascònne a qualche uaje
e arrepàràrl dalla mala sorte.

Me te sunnìve a ottobbre, -ire ascì bella !-
E me chiamìscte “amore”   e m’abbraccìscte.
Ascì  può te perdìscte pe re vosche,
e chiù ne te truvìve; manghe ‘n  zuònne.

La nebbia

E già ti vedo salire lentamente,
riempire di soppiatto i tuoi anfratti.
Arrampicarti a strofinare di carezze
braccia di abeti, erbe e fontanelle.

 Vai avvinchiandoti attorno a chi cammina
-come volessi nasconderlo a un guaio-
riparandolo da una sorte avversa.

Io ti sognai in un ottobre, ed eri bella.
Tu mi chiamasti “amore” e mi abbracciasti.
Così poi ti perdesti lungo il bosco,
e più non ti trovai; nemmeno in sogno.

_______________________________________________
‘Ne cande, nasce da un percorso accidentato, da un ritrovare frammenti e “cocci” di un vernacolo non più parlato come in origine, da mettere insieme in un complicato puzzle. I termini sono proposti cercando di rispecchiare la fonetica che fu propria del parlare dei nostri nonni, ascoltati in prima persona e qui proposti. Il “canto lieto”, quello che trattava di feste, amori e piccola ironia dove si contemplava il fluire non privo di stenti, di un vivere paesano, è svanito negli anni.

Copyright  Altosannio Magazine
Editing: Enzo C. Delli Quadri 

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4 pensieri riguardo “La negghia – La nebbia

  1. Anche la NEBBIA , che spesso è segno di pesante gravezza, per te caro poeta Tempesta, è piena di pathos e addirittura nasconde e ripara da un guaio qualcuno che essa avvolge… La tua poesia si legge sempre con grande piacere.

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  2. La poesia, nel testo dialettale, risulta bella e piena di fascino. E’ tale e tanto grande la conoscenza della nebbia che non è necessario che il poeta sia presente fisicamente mentre la nebbia sale e si insinua in ogni buco ed avvolge ed accarezza ogni cosa: i rami “umanizati” degli abeti, le erbe e le “fundanèlle” e nasconde anche le persone, come se volesse ripararle da malefìci. …Nell’ultima strofa avviene un cambiamento. Siamo in ottobre. Il poeta dice di aver sognato la nebbia che era molto bella…. nel sogno era quasi una amante che lo chiamò “amore” e che lo avvolse in un abbraccio. … Il sogno e la realtà sembrano confondersi. … L’amata scomparve nel bosco! …. Il poeta non riuscì più a trovarla e non riuscì neppure a farla rivivere in sogno. …

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  3. Non sempre la nebbia ispira sentimenti dolci: la “tua” lo fa, perchè assomiglia ad una fata velata che sparisce così come è arrivata. Quella di questa sera nel borgo non ispira.

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