di Domenico Meo, con video musicale della Pasturella curato da Gaetano Amicarelli

Le celebrazioni dedicate alla Vergine delle Grazie si svolgono il 21 novembre nella chiesa di San Marco (fino al 1983 si svolgevano nella chiesa di San Pietro Apostolo); un tempo non molto lontano si tenevano anche la prima domenica di settembre.

“Verso il 900 in una pergamena, che si dice essere riposta a Montecassino, si parla già di questa chiesa e di alcuni beni che le appartenevano”.[1]
“Ragioni di ordine urbanistico ci portano a traslare di quattro secoli la fondazione o per lo meno ad ipotizzare che solo nel XIV secolo la chiesa dovette assurgere al ruolo di parrocchia urbana”.[2]
“Sul portale, la cui facciata è di semplici lineamenti, v’è uno stemma raffigurante la tiara e le chiavi di San Pietro Apostolo, sormontati da un’iscrizione. La chiesa è costituita da una sola navata e soprattutto vi sono da ammirare, nel suo interno, due altari di legno intagliato e dorato, antico lavoro di artigiani agnonesi”.[3]
La prima domenica di settembre, la Madonna veniva esposta alla venerazione e il venerdì sera si celebrava una messa solenne a lode della compagnia di pellegrini, che, a piedi, dovevano recarsi al Santuario Maria SS. delle Grazie di Monteodorisio.
Il gruppo di pellegrini, preceduto dal crocifero, si avviava verso il mare Adriatico, attraversando Castiglione Messer Marino, e, nella vallata del Fiume Treste, Carunchio, Liscia e San Buono, poi Cupello e finalmente Monteodorisio. Il sabato sera, dopo aver camminato un giorno e una notte, giungevano al santuario accolti dalla banda musicale e dai componenti del comitato festa.
«La festa della Madonna delle Grazie era il più grande avvenimento, che richiamasse l’attenzione dei paesi vicini e anche di altri lontani. Già diversi giorni prima cominciavano a sorgere intorno al Santuario le baracche per esporre la merce o per rifocillare i pellegrini. I deputati della festa erano già in movimento per ordinare e preordinare le molte cose per i due giorni festivi: l’alloggio delle bande musicali, i premi per la cuccagna e le gare dei fuochi, i luoghi degli spari, gli itinerari e i pezzi delle musiche e lo svolgimento della processione serale della vigilia, e via via…
Di ora in ora centinaia e centinaia di fedeli, impolverati, sudati, trafelati, giungevano salmodiando: “Viva Maria e chi la creò”. Facevano tre giri intorno al santuario, poi si toglievano le scarpe e finalmente in ginocchio entravano… Ma che vedo? Molte donne strisciano per terra e strisciano la lingua sul pavimento sino all’altare della Vergine col Bambino! Spettacolo impressionante!
Ma la vera festa per tutti, tutti nel senso più esteso della parola, si svolgeva la sera del sabato. Verso il tramonto, si preparava la lunga teoria della processione. Stendardi, torce, crocifissi, reliquie, ex voto, era un susseguirsi interminabile. Passava la Madonna – bellissima col suo manto azzurro stellato… su mille persone serrate insieme come per una grande scorta imperiale».[4]
I pellegrini trascorrevano l’intera nottata in chiesa, o negli spazi antistanti, aspettando la messa solenne della domenica per poi ripartire alla volta di Agnone. Qui, il lunedì, prima di rientrare in chiesa, si eseguivano i tradizionali tre giri, percorrendo via Montebello, attraversando l’arco Semiurno e proseguendo per la circonvallazione (Porta di San Pietro); terminato questo antico rituale, il sacerdote celebrava una messa in loro ringraziamento.
Oggi, il santuario di Monteodorisio è sempre meta dei pellegrini agnonesi, che riservano tanta venerazione alla Madonna.
La festa della Madonna delle Grazie del 21 novembre, che solitamente si accompagna alla prima nevicata (la Madonna se métte ru mande), scandisce per gli agnonesi l’inizio delle festività natalizie.
Il suo altare originale è il terzo sulla sinistra. “Fu nuovamente inaugurato nel 1911 per merito della signora Mercede Giaccio residente in Pueblo (Colorado) ed ultimato a spese del parroco Nicola Marinelli”.[5]
La Vergine reca la veste e il mantello ricamati e sorregge fra le mani il Bambino. Altra statua di buona fattura si trova nella chiesa di Sant’Emidio, “quest’ultima aveva come grancia la chiesetta di Santa Maria delle Grazie, con un unico altare e l’icona della Vergine”.[6]

Agnone fino agli anni cinquanta era cittadina ricca di artigianato: ramai, campanari, orafi, fabbri, falegnami e calzolai, dall’antro dei loro opifici, diffondevano ritmi e armonie, diletto delle rue del borgo antico. Essi, escludendo il periodo estivo in cui i contadini erano impegnati nel duro lavoro di raccolta, si trasferivano nel Basso Molise, nella Capitanata di Puglia e in altre regioni limitrofe per vendere le proprie creazioni nelle fiere, nei mercati o nelle botteghe appositamente appigionate.
Questo tipo di economia commerciale li teneva lontano dagli affetti familiari per lunghi periodi. Considerato che il ciclo delle festività natalizie offriva, ed offre tuttora, sensazioni intrise di religiosità e tradizione, i valenti artieri agnonesi fecero anticipare la prima Pastorale al 21 novembre.
Dopo aver ricevuto la benedizione della Madonna che gli artigiani gradivano pensando all’antico detto Che Ddìa t’aìuta e la Madonna te spiccia la vojja (Che Dio ti aiuti e la Madonna ti [liberi] da ogni pericolo) e, gustato la suadente pastorale, si inoltravano lungo i tratturi, mentre le montagne erano già spruzzate di neve (na ngasciatèlla).
Visto che questa festa segnava l’inizio del periodo natalizio, molte famiglie in serata giocavano la prima tombolata.
Al declinare del secolo scorso, come testimoniano i periodici locali, “tutte le mattine durante il novenario, tre o quattro ore prima dell’alba, fragorosi colpi di bombe carta, venivano seguiti dal frastuono rimbombante delle campane che annunciavano ai fedeli mattinieri la rituale messa cantata. E la gente accorreva numerosa, festante, tutta vita e cicaleccio”.[7]
Il giorno della festa la chiesa di San Pietro era sempre gremita e le bande deliziavano con le loro dolci suonate.
I cambiamenti sociali, l’emigrazione e il sistema economico moderno, hanno distrutto l’artigianato; ora resta l’eredità nobile di quegli uomini, che hanno dato lustro “al paese dei suoni antichi” con ricchezza di sentimenti e fervore religioso.
La messa celebrata alle sei del mattino nella chiesa di San Marco (dal 1984), con copiosa partecipazione di popolo, ancora oggi, scandisce l’inizio delle festività natalizie. Durante il rito, come da molti anni, viene eseguita la prima Pastorale (Pasturella) suonata da un gruppo di musicanti locali che si riunisce per l’occasione. Detta melodia fu elaborata, nella seconda metà dell’ 800, dal musicista agnonese Filippo Gamberale (Agnone1825 – 1904).
“E’ una dolce musica che si ispira alla vita dei pastori e dei campi, imitando gli elementi realistici, con un sublime accento di semplicità, di ingenuità e di idillicità”.[8]
La pastorale, come vuole la tradizione, armonizza le principali feste legate al Natale. Le ultime esecuzioni si tengono nei giorni della Candelora e San Biase.
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[1]A. Marinelli, Cenni sulle origini di Agnone e biografie di alcuni illustri agnonesi, Napoli 1888, p. 5.
[2]M. Coletta, Agnone città, Ed. Cep, Monteroduni (IS) 1991, p. 75.
[3]R. N. De Ciocchis, Agnone la cittadina e il suo agro, Roma 1966, p. 30.
[4]A. Ottaviano, Santuario di Maria SS. delle Grazie in Monteodorisio nella storia e nella devozione, San Salvo (CH) 1985, pp. 55-59.
[5]L’Eco del Sannio, novembre 1911.
[6]Archivio Diocesano di Trivento, Visite Pastorali, anni 1666 e 1759.
[7]L’Eco del Sannio, 1 dicembre1888.
[8]C. Carlomagno, Agnone usi costumi tradizioni, Ed. Lampo, Campobasso 1984, p. 23.
Editing: Enzo C. Delli Quadri
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