Nel video, in fondo: Concerto di Natale delle Zampogne d’Abruzzo – Ass. Cult. Zampogne d’Abruzzo, pubblicato da VinoRosso59
A cura di Enzo C. Delli Quadri e Antonio Bini

La zampogna (il cui nome deriva probabilmente dal greco symphonia) è un antico strumento musicale in uso ancora oggi nell’Italia centrale, meridionale e in Sicilia.
La zampogna è composta da un sacco di pelle di pecora o capra cui sono collegate 4-5 canne, di cui 2-3 fanno da ”sfondo”, nel senso che emettono sempre la stessa nota, e due soltanto emettono il canto desiderato.
Il suonatore immette aria attraverso un soffietto, tenendo in tensione il sacco che, a sua volta, mette in vibrazione le ance[1] innestate sulle canne melodiche: sempre due, quella destra per la melodia, quella sinistra per l’accompagnamento e nei bordoni detti basso e scantillo.

Nell’ antichità essa derivò da una trasformazione del flauto. Nel medioevo subì molde diversificazioni: cornamusa scozzese e irlandese, la musetta francese e la piva.
Stendhal, Dickens, Berlioz, Lear, Gregorovius e molti altri autori celebri hanno dimostrato interesse per gli zampognari abruzzesi, che con il loro repertorio hanno ispirato musicisti e compositori. Tra le pastorali influenzate dalle loro sonorità spicca lo stesso Sant’Alfonso Maria de Liguori, autore del testo del celebre Tu scendi dalle stelle.

Va evidenziato, infine, come la zampogna sia stata parte integrante del mondo pastorale che suscitò le emozioni di Gabriele d’Annunzio. Numerosi i versi e i richiami allo strumento e alle sue sonorità presenti in poesie e opere, che superano il silenzio e l’indifferenza della cultura del suo tempo. Il che è dovuto al fatto che il poeta fu visceralmente attratto dagli scenari ancestrali della regione e dall’antica civiltà pastorale.
Il poeta nella sua casa fiorentina di Settignano possedeva una zampogna “tra le reliquie della sua terra”, che probabilmente andò all’asta nel 1911, insieme ad altri oggetti e arredi, per fronteggiare i suoi debiti che lo portarono al volontario esilio francese. In seguito, al Vittoriale degli Italiani, il ricordo dello strumento fu assicurato da un’incisione di autore ignoto, raffigurante uno zampognaro alla testa di una compagnia di pellegrini. La zampogna comparve addirittura nella prima della tragedia pastorale “La figlia di Iorio”, avvenuta il 2 marzo 1904 al Teatro Lirico di Milano, nel secondo atto, nella scena ambientata alle Grotte del Cavallone, sulla Maiella.
Ma quel mondo pastorale esaltato da d’Annunzio conobbe in quegli anni un rapido declino, a seguito della soppressione del pascolo forzato sul Tavoliere e alla crescente competizione del mercato internazionale della lana.
Al crollo dell’economia pastorale, che nei secoli precedenti aveva toccato punte di 8,5 milioni di capi, si devono ampi riflessi sociali, in particolare sul fronte dell’emigrazione. La secolare civiltà della transumanza si è trascinata fino agli anni Sessanta, con gli ultimi irriducibili pastori a seguire gli antichi tratturi.

Con la scomparsa della pastorizia, scompariva anche la zampogna, strumento inseparabile del pastore di un tempo. In molti casi, questo antico strumento seguiva il pastore emigrante. Non a caso zampogne abruzzesi sono presenti in musei di vari paesi.
Tra questi si segnala il Carnagie Museum of art di Pittsburgh, negli Stati Uniti, nel quale è esposta una zampogna “handmade”, ossia costruita manualmente, appartenuta ad un emigrato abruzzese, e il Museo degli Strumenti Musicali MIM di Bruxelles, in cui sono presenti strumenti riferiti alla regione costruiti a fine ‘800.
Nel basso Lazio e nel Molise, il minore impatto del declino della pastorizia, ha favorito il mantenimento della presenza musicale legata alla zampogna, che oggi presenta segni di un rinnovato interesse anche in Abruzzo.
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[1] Un’ancia è costituita da due lamelle sagomate, appoggiate una all’altra e inserite in un tubicino.
Editing: Enzo C. Delli Quadri
Copyright Altosannio Magazine
A Scapoli, in provincia di Isernia, ogni anno si fa il festival della zampogna, interessante manifestazione che vede la partecipazione di numerosi artisti di fama.
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Il suono della zampogna richiama ricordi di “suoni antichi” che “inneggiavano” alla pace e preannunciavano il Natale!
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Anche un altro poeta dialettale abruzzese, MODESTO DELLA PORTA ,di GUARDIAGRELE, HA AMATO LA ZAMPOGNA, la SCUPINE , descrivendola in una bella poesia la NOVENA di NATALE…
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Anche un altro poeta dialettale abruzzese, MODESTO DELLA PORTA ,di GUARDIAGRELE, HA AMATO LA ZAMPOGNA, la SCUPINE , descrivendola in una bella poesia la NOVENA di NATALE…
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Per me la zampogna è inevitabilmente e “visceralmente”IL RICORDO di quel suono infantile e attraente che verso natale si spandeva caldo e soave dietro la porta di casa . E lo zampognaro “portava”Gesù Bambino !
Sono lieta che ancora oggi ci siano suonatori amanti dello strumento – specie nei nostri paesi molisani- che ne tramandano l’uso e la sua particolare musica!
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