di Manuela Pelle
Ai miei cari compagni di Liceo anni 1970/1975
“I fantasmi non esistono……li creiamo noi, siamo noi i Fantasmi”
(Eduardo de Filippo)

in Agnone IS
Avete mai avuto la sensazione di essere già stati un posto? O di aver già vissuto una situazione?
Una connessione mentale che a volte dura un attimo, ci trasporta in un mondo parallelo e opposto a quello in cui si vive, e il tempo non esiste più e un attimo può durare una eternità.
E’ come se, dalle nebbie di un passato molto remoto, emergessero storie ormai perdute e vite sconosciute, e all’improvviso riaffiorano vicende dimenticate e avvolte nel mistero che si impadroniscono della nostra mente, rendendoci protagonisti del segreto che le avvolge.
Storie appena sussurrate prendono corpo e si materializzano in complici atmosfere, spesso è soltanto una sensazione o addirittura soltanto un brivido che ci corre lungo la schiena come un serpente gelido, ma in quel preciso momento viviamo una innaturale sensazione e dal profondo degli abissi della memoria ci vengono incontro fluttuanti fantasmi e minacciose ombre appartenenti a episodi di cui abbiamo sentito parlare sottovoce.
Il momento più favorevole dove è possibile incappare in simili vagheggiamenti è naturalmente dopo la mezzanotte……quando scatta l’ora dei Fantasmi, e la paura si trasforma in sudore freddo e dita gelate sembrano attanagliare la nostra gola….Siete pronti a vivere un’avventura?
Racconterò cosa è capitato una notte di tanti anni fa ad un gruppo di ragazzi spavaldi ma anche tanto sprovveduti. Beata ingenuità !
Shhhhh, fate silenzio e tendete l’orecchio …. stanno per arrivare i fantasmi!
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Hiulio, il più grande del Gruppo, ha deciso che questa sera saremmo usciti dopo cena e avremmo trascorso la serata alla Ripa. Il caldo torrido della giornata di agosto spossa tutti, per questo, al mio paese, in estate, dopo cena, si sta fuori. Pertanto, dopo le 21.30, saremmo andati tutti insieme alla Ripa a chiacchierare e a fare chiasso, prendendo un po’ di fresco.
E’ un bel gruppo, ragazze e ragazzi svegli e vivaci, sono proiettati inconsapevolmente verso il futuro, intanto assaporano la vita tra la scuola, la famiglia e le prime passioncelle a cui si aggiunge il calcio per i ragazzi e le chiacchiere infinite tra le ragazze. Ogni ragazzo ed ogni ragazza avrebbe chiesto quella sera, alla propria famiglia, di poter rimanere, eccezionalmente fuori, oltre l’orario solito, con la scusa della calura, magari tutta la notte.
L’idea di fare baldoria tutti insieme anima i cuori dei giovani e tutti avrebbero implorato i propri genitori di poter star fuori quella notte.
Hiulio, detto anche lo smilzo per la sua incredibile forza nonostante la magrezza, ha chiesto a tutti di portare qualcosa che potesse essere di conforto quella notte e le ragazze avrebbero preparato, nel pomeriggio, tutto il necessario per un baccanale all’aria aperta, panini imbottiti e dolci e avevano rubato dalle dispense delle loro mamme, cioccolato e frutta sciroppata, tutto accuratamente occultato negli zaini militari che qualcuno aveva in casa, ricordo di fratelli più grandi che avevano prestato servizio di leva. I ragazzi avrebbero provveduto alle gazzose e alla spuma passando a ru chiuschett da Bonanese e a comprare almeno due pacchetti di sigarette da fumare senza nascondersi e in santa pace nel buio della Ripa.
Tutto pronto dunque, Hiulio e Pasquale detto il Preside per la sua attitudine organizzativa ma anche disorganizzativa, fanno la spola tra le case delle compagne per controllare le vettovaglie e, per assicurarsi che non mancasse la possibilità di fare un po’ di musica, s’è trovata anche una chitarra. La serata si prospetta memorabile.
Palmerino detto El Che, che non abita lontano è andato in avanscoperta, percorrendo stradine interne; è arrivato da ru Purtill a la Ripa in un batter d’occhio e ha dichiarato che non erano previste altre invasioni di campo…Ripa a noi!
Arrivata l’ora di cena tutti ci affrettiamo a rincasare dallo struscio serale, mai come in questa sera, ciò che è stato predisposto in tavola dalle mamme, è gustoso e saporito, trangugiato in un batter d’occhio. Le ragazze aiutano mamme stupite a mettere a posto le stoviglie, spazzare per terra e tutto ciò che aveva fatto parte della cena, poi via di corsa a preparasi per la grande avventura.
Una breve consultazione serotina tra le femminucce aveva decretato che le stesse si sarebbero presentate ai compagni, carine ma sportive, dunque un’ultima sistemata, un veloce sguardo allo specchio…sì può andare, l’età media è 17 anni, dunque belle come solo a quell’età lo si può essere: lunghi e folti capelli occhi sognanti, sguardo terso e labbra tumide.
Via si esce, appuntamento capabball per ru cors a ru Leggionarie per fare il punto e verificare le scorte, poi si risale tutti insieme.
Serata magnifica e stellata, fa ancora molto caldo, sapete in montagna spesso può essere molto caldo nonostante si pensi il contrario, noi, tutti in abiti leggeri e colorati sciamiamo per il corso principale, suscitando l’ ammirazione dei passanti, perché dotati dell’ingrediente principale: la gioventù.
Percorriamo le strade che ci portano al borgo antico e ci vengono incontro strade strette che si intersecano tra loro, riversandosi sull’antico Corso Garibaldi, da dove spunta qualcuno di noi che ha fatto tardi. La salita è agevole, abbiamo le ali ai piedi, l’illuminazione è appena sufficiente e rende il borgo magico, quando i contorni delle cose sono avvolti dall’oscurità, migliorano, la pietà del buio nasconde crepe e decadimento, noi non ce ne accorgiamo, siamo troppo presi da noi stessi e dal piacere di essere insieme.
Il chiacchiericcio fitto delle ragazze, impegnate nella descrizione emozionata dei primi palpiti, si confonde con quello dei ragazzi che, con veemenza e passione parlano di partite di calcio disputate o da disputare.
Divoriamo la strada senza accorgercene, gli antichi palazzi nobiliari ormai vuoti e dagli occhi chiusi, le imponenti e gravi Chiese, vanto del nostro Paese e chiuse per l’orario, mostrano solidi portoni sbarrati, che garantiscono in estate, interni freschi e silenziosi dove raccogliersi in meditazione e preghiera; stasera, sembrano un po’ troppo cupi e troppo incipienti, io li guardo ed è come se le strade siano diventate più strette e i caseggiati ci guardino di sottecchi come per dire : “vediamo un po’ questi spavaldi che devono fare”, scrollo le spalle, ho pochi anni su di esse, meno di tutti, sono la più giovane e penso che l’eccitazione della notte che ci aspetta, mi fa vedere e sentire cose inesistenti….è impossibile che le case siano aumentate in volume e occupino più spazio del solito, e che le strade si siano ristrette ulteriormente.
Guardo un attimo il cielo, distogliendomi dalla interessante, conversazione con Edvige e Stella ( se quel tal ragazzo mi ha guardato oppure no ..ho solo 16 anni !), e vedo una grossa nuvola che attraversa lentamente la luna oscurandola. Le figure che il buio e la luce incontrandosi formano, mi provocano un brivido, sono inquietanti, ma ecco Mercede, detta Mercy, che scende da una stradina laterale e si unisce a noi, abbasso lo sguardo e mi sembra che le luci dei lampioni abbiano perso qualche tono, forse ho guardato troppo intensamente la luna che seppure, un po’ oscurata, stasera è piena è splendente.
Il Gruppo prosegue, il suo cammino vociante, siamo quasi arrivati, mi affaccio su vico Apollonio l’ultimo vicolo prima del Belvedere della Ripa e chiamo Serafina, detta la dolce, che esce da casa sua con un vassoio di dolci.
Ora ci siamo veramente tutti e la Ripa ci viene incontro come un enorme buco nero che ci inghiotte; stasera ci sono pochi lampioni accesi, e nonostante un cielo stellato e la luna, la visibilità non è ottima, ma noi siamo lì per divertirci e non abbiamo necessità di molta luce per mangiare insieme e cantare a squarciagola, accompagnandoci con la chitarra.
Non c’è nessuno! È molto strano, di solito tante persone vengono a prendere il fresco al nostro belvedere, meglio così, possiamo urlare e fare quello che ci pare, qualche adulto potrebbe esserne infastidito.
Antonella distribuisce i panini, Rita la roscia, per la sua bellissima chioma fiammeggiante, riempie i bicchieri, ora c’è veramente tutto, chi mangia, chi suona, chi improvvisa un ballo scatenato, chi si siede accanto all’amico del cuore e prosegue i discorsi iniziati per strada.
Pasquale, il Preside, organizza la distribuzione delle sigarette, per fortuna Filomena ha portato delle mentine e Dora un po’ di liquirizia sennò come si fa,poi, a tornare a casa? l’odore ci tradirebbe.
Io sto un po’ discosta, col panino in mano, osservo l’orizzonte indistinto e buio, ma i paesi illuminati che si vedono in distanza, stasera sono invisibili? Non c’è nebbia l’aria è tersa, forse manca la corrente e non si vedono.
Qualcuno mi chiama per fare un duetto canterino/ ballerino ed io mi lascio coinvolgere e mi scateno come al solito, ma non so perché ogni tanto alzo lo sguardo e vedo nuvole pesanti oscurare la magnifica luna…….manca pochissimo a mezzanotte. È il momento del brindisi, tutti in piedi con i bicchieri colmi di spuma e gassosa brindiamo al nostro futuro ma, nell’attimo in cui leviamo i simbolici calici di carta, si sente il rintocco di una campana: lugubre e cadenzato; nessuna meraviglia siamo nel paese delle campane se non fosse che è quasi mezzanotte e di solito a quell’ora le campane non suonano.
Da noi le campane annunciano un po’ di tutto, compreso l’arrivo di una tempesta perché i contadini, sparsi nei campi, rientrino a casa prima di incappare in una pioggia violenta e torrenziale, ma a mezzanotte non l’abbiamo mai sentita.
Si è alzato un forte vento e tutti pensiamo che forse una campana della chiesa vicina, (sarà quella di Santa Croce o quella di San Francesco? o quella di San Pietro o addirittura quella di San Marco?) con un battaglio non ben assicurato a causa del vento, si muova ondeggiando e percuotendo le pareti interne del particolare strumento.
Ci guardiamo tutti, poi, con una risata, proseguiamo nel brindisi ma il vento comincia ad essere troppo forte e un turbinio di polvere ci acceca e sconvolge. Tutto ciò che era poggiato sulle coperte stese in terra è ormai di dominio del vento, a fatica ci urliamo di raccogliere ciò che è possibile per andare via. Una tempesta sorta dal nulla, dal buio del dirupo ci raggiunge come un’ondata e ci travolge e fagocita, grosse gocce di acqua cominciano a cadere dal cielo costringendoci ad affrettarci e a lasciare per terra ciò che restava del nostro pic nic notturno, ci chiamiamo, il buio è quasi totale e il vento e la pioggia ci accecano.
Affiancati cerchiamo, controvento, di ripercorrere il percorso fatto agevolmente, poco tempo prima tutti in gruppo, per non disperderci, i compagni ci offrono il braccio come sostegno e guida, insieme, a stento cerchiamo di risalire sulla strada, sul Corso Garibaldi, dove l’illuminazione è saltata, a tentoni ritroviamo l’inizio del corso.
Siamo stretti in una specie di corridoio, è come se il vento avesse avvicinato, al centro della strada, le case e le stesse ci spingessero avanti chiudendo, alle spalle, la strada percorsa fino a quel momento.
Sono sottobraccio a Hiulio che è molto più alto di me e mi aiuta a non cadere, vicino a me Edvige, a cui do la mano, sotto braccio a Palmerino, lo spazio ci contiene a stento. Dietro di noi Pasquale, il Preside abbraccia Mercy e Serafina , attaccati a loro Antonella e Giulio, Domenico e Rita, Annibale e Mercede, Dora e Felice, e tutti gli altri, siamo vicinissimi eppure non riusciamo né a parlarci né a sentirci, il vorticare della tempesta ci toglie il fiato, la polvere e un denso fumo sbucato da non so quale anfratto della terra, ci soffocano impedendoci di parlare.
Proseguiamo a fatica senza sapere effettivamente se stiamo andando nella direzione giusta, a gran voce Hiulio cerca di mantenere il Gruppo invitandolo a non disperdersi, stiamo vicini, urla, ce la faremo!. Da lontano distinguiamo una flebile luce in fondo al nero più profondo, Palmerino urla di dirigerci verso la luce e tutti insieme cerchiamo di raggiungerla anche se non distinguiamo cosa sia né a che distanza sia, ogni passo in avanti sembra raddoppiare la distanza.
Cosa è successo ? perché la strada non finisce mai? sul rumore assordante del vento, si distingue chiaramente solo il martellare lento e luttuoso della campana, che avevamo già sentito durante il nostro brindisi.
Se questa non è la fine del mondo ci siamo vicini, cerco di dire al mio compagno, ma il vento disperde le mie parole, quando ecco, improvvisamente la strada si allarga di nuovo e quella stretta pressante delle case si allenta, e scema il vento e improvvisamente la pioggia smette di bagnarci.
Vediamo distintamente la luce provenire dalla bottega orafa veneziana che è alla base di Palazzo Nuonno, già possesso dei Conti Minutolo, vicino alla fontana, uno sconosciuto, ci fa cenno sbracciandosi e ci avverte che la strada per proseguire oltre, è franata e che non è possibile andare avanti.
Ci guardiamo un po’ sgomenti, dalla bottega illuminata a giorno proviene una strana musica, guardando bene il Palazzo, notiamo che è tutto illuminato, a dispetto del circondario che è nel buio più completo e sembra pronto per una festa. Ma chi vive nel palazzo? Non mi sono mai accorta che fosse abitato, solo la bottega mi era sembrata utilizzata, ma forse sono passata in fretta e non ci ho fatto caso. La cosa strana è che il Palazzo è l’unico caseggiato ad essere illuminato, tutto il resto sembra sprofondato in una densa tenebra, come annullato, inghiottito da una cavità senza pareti e senza fondo.
Mi giro e non vedo più la fontana, né l’uomo che ci aveva fatto cenno, spariti!, stringo il braccio a Hiulio e gli indico il posto dove la fontana e l’uomo sono scomparsi.
Ci guardiamo negli occhi e ammutoliti guardiamo anche gli altri compagni che, in silenzio, hanno notato la sparizione improvvisa, non sappiamo cosa fare, non possiamo andare avanti e neppure tornare indietro.
La musica che proviene dalla casa si sente, ora, più forte e attira la nostra attenzione, d’improvviso si spalanca la porta della bottega che sembra essersi ingrandita, e ne escono un uomo e una donna, indossano abiti medioevali… ma… c’era un ballo in maschera? possibile che nessuno di noi ne era a conoscenza?
Li guardiamo, e alziamo gli occhi alla casa che ora è nettamente visibile e illuminata, dalle finestre a bifora si intravedono ombre di persone che passano ripetutamente e in maniera cadenzata, sembrano danzare, solo la stanza sopra la bottega è al buio.
Siamo sgomenti, inutile negarlo, ci guardiamo negli occhi e l’uno scorge in quelli dell’altro timore e perplessità, non sappiamo cosa fare, non sappiamo come muoverci.
Siamo un Gruppo composto da dodici ragazzi e dodici ragazze che avevano deciso di trascorrere una serata particolare e da ricordare, quando saremmo diventati grandi, ma nessuno aveva previsto un fuori programma così eccezionale. Hiulio si fa coraggio e si avvicina, le due figure sembrano emanare una strana luce, evanescente e diafana, le loro mani trasparenti, ci fanno cenno di avvicinarci e sembrano parlarci, sorridendo, ma non udiamo la loro voce, percepiamo cosa ci dicono attraverso la mente. L’uomo indossa una calzamaglia rossa ed ha un giubbetto di velluto verde scuro con bottoni d’oro, sulla testa un cappello con una penna; la donna ha un lungo sottabito di garza bianco, coperto da una specie di soprabito di broccato verde ricamato in oro e indossa un tipico copricapo dell’epoca, con sottogola, e i suoi capelli biondi e lunghi sono trattenuti in una treccia.
Ci invitano ad entrare, noi siamo un po’ restii, anche perché la bottega è piccola e noi tanti: dodici coppie! Una specie di brezza profumata ci sospinge verso l’ingresso e …varchiamo la soglia.
Entriamo a coppie e un po’ alla volta, la stanza, sembra allargarsi e mi chiedo come possa essere possibile; entrando, c’è una sorta di mutazione: sia i ragazzi che le ragazze smettono di indossare abiti moderni e leggeri, per ritrovarsi in abiti dell’epoca, ci guardiamo tra noi e intorno, tutte le coppie sono magnifiche, gli abiti bagnati e sporchi sono spariti, i capelli sono pettinati e acconciati, ogni coppia rappresenta un colore.
La stanza illuminata da migliaia di candele, è diventata immensa ed ha mobili e sedie, e tavoli pieni di dolci e frutta ed altri cibi e la musica cresce, seriche tende velano le finestre che avevo visto da fuori, ma non vedo altra gente, siamo solo noi.
La coppia che ci aveva invitato ad entrare è sparita, non sappiamo cosa fare, la meraviglia è tanta, ma anche la paura, d’improvviso da dietro una delle tende esce, da una porta celata, una coppia: la tredicesima; sono sorridenti e magnificamente abbigliati, e a gesti ci invitano a servirci delle delizie sparse sulla tavola, e a bere, in splendide coppe, del vino, nessuno di noi osa avvicinarsi ai tavoli….ancora una volta la brezza sospingente che ci aveva fatto entrare, ci fa accostare ai cibi e …assaggiamo!
I dolci sono prelibati, la frutta dolce e succosa, le carni tenere e ben cotte, il vino poi sembra un’ambrosia, il timore è svanito ci serviamo abbondantemente, siamo giovani e di sano appetito e cominciamo guardarci intorno, la stanza è magnifica, la musica incalzante, ma non vediamo i musici e non capiamo da dove viene.
Dopo esserci rinfrancati con vino e cibo, ci rendiamo conto che tutto quello che vediamo ha dello straordinario, è come se una faglia temporale ci avesse inghiottito e catapultato in un’ epoca passata con i nostri anni.
Decidiamo di “parlare” a quella coppia così gentile e dall’aspetto etereo, quasi inconsistente ma non sappiamo come, le loro labbra non si muovono né si ascolta nessuna voce, però ci stanno dicendo che sono felici di averci come ospiti e che chiedono solo di danzare con noi una càrola in tondo.
Se è solo questo si può accontentare la gentile coppia e ci prendiamo per mano, la musica cambia, diventa dolce e insinuante, e ognuno di noi con un inchino al proprio compagno inizia a muover passi di danza sconosciuti creando un circolo perfetto, la stanza si è allargata ulteriormente e i tavoli con i cibi sono spariti e sono spariti i mobili e le sedie e l’illuminazione va scemando.
Il ritmo della musica comincia ad incalzare e la melodia ricorda le danze macabre, rabbrividisco per una improvvisa folata di vento ma continuo a danzare dò la mano a Hiulio e ad Edvige, la cadenza della musica inizia a diventare frenetica, la tredicesima coppia è al centro del circolo formato da noi e sembra che la danza forsennata li stia trasformando, stiamo arrivando ad un ritmo parossistico e qualcuno di noi vuole uscire dal circolo, ma sembra impossibile staccare le proprie mani da quelle dei compagni e i piedi si muovono da soli.
Iniziamo ad essere stanchi e chiediamo alla gentile coppia di smorzare il ritmo per riposarci ma il ghigno con cui ci guardano ci fa gelare il sangue nelle vene.
La coppia gentile si è trasformata in un’accoppiata satanica che, ridendo sguaiatamente e con i volti e le membra trasfigurate, ci costringe alla danza selvaggia .
Stiamo per cadere prostrati dalla fatica e dallo spavento, ci guardiamo negli occhi e senza parlarci in un solo momento, stringiamo il cerchio intorno alla coppia diabolica.
La coppia demoniaca, con occhi ardenti, ormai ha perduto ogni aspetto gentile, il loro aspetto luciferino è evidente e non lascia dubbi circa le loro intenzioni.
Spinti dalla paura li incalziamo ancora di più e con forza per farli soccombere ma all’improvviso il pavimento si apre sotto di noi e un abisso infuocato e spaventoso ci inghiotte. Urlo con quanto fiato ho in gola e trascino con me i miei compagni…….
….Svegliati! Svegliati! Svegliati!, cerco di riemergere dalle nebbie in cui sono avviluppata, qualcuno mi chiama e sento sulla fronte un soffio di brezza, come un frullo d’ali .
Lentamente, mi sveglio, apro gli occhi e guardo i compagni che mi osservano preoccupati.
Cosa è successo? Chiedo. Qualcuno mi risponde e mi sollecita a spiegare a mia volta. Li guardo tutti e sono così contenta di vederli tutti sani e salvi e guardo me stessa, sono seduta su una panchina alla Ripa… è l’alba!
Vicini a me Hiulio ed Edvige…. mi sono addormentata e loro con me.
La notte brava è finita, ci siamo assopiti ed io ho soltanto sognato, mi alzo in piedi e li abbraccio tutti, poi mi risiedo e comincio a raccontare…. Era mezzanotte, la notte era diventata buia e tempestosa e si sentiva il suono lugubre e cadenzato di una campana……che paura!
E voi, leggendo avete avuto paura?…… Attenti!
È dopo la mezzanotte che si fanno certi incontri, evitate Palazzo Nuonno se avete paura dei fantasmi!
Il Palazzo Nuonno, il cui vero nome è Palazzo dei Conti Minutolo e che oggi è completamente murato, sarebbe infestato dagli spiriti maligni e al suo interno dimorerebbe addirittura il diavolo in persona. Prima di essere abitato dalla famiglia dei Nuonno, il Palazzo era di proprietà della famiglia Colucci, i quali lo abitarono fino al 1796, anno in cui decisero di lasciare l’abitazione proprio a causa degli strani fatti che succedevano al suo interno. Anche la famiglia Nuonno, una volta stabilitisi nel palazzo e sempre a causa di ciò che avveniva tra le sue stanze, lo abbandonò presto al proprio destino.
Copyright: Altosannio Magazine
Editing: Enzo C. Delli Quadri
Un bellissimo racconto avvolto dal mistero……..
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Ti tiene attratto per la curiosità di capire che cosa accade. L’ho letto con vero piacere.
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BEL RACCONTO SIGNIFICATIVO, TESTIMONE DI UNA PREGRESSA E SERENA GIOVENTù: una descrizione minuziosa e attenta di colori e stoffe, di suoni e danze, di cibi e bevande …di amici con nomi e attributi!
Tutto così fantastico …da destare non tanto paura, ma ammirazione per la bella fantasia di una donna o meglio per la memoria di una ragazza, che dopo un allegro pic nic, del lontano passato, sognava un bel sogno… forse su una panchina alla Ripa di Agnone.
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Ciao, Manuela Pelle.
Bello il tuo racconto!
Forse, hai descritto, emozionandoti un poco tu pure, per poter meglio trasmettere, anche nel lettore, emozioni e fargli godere tutto il fascino della tua descrizione.
Descrizione che solo le dicerie, il sogno ed una ricca fantasia potevano creare e rendere realtà.
Io ho vissuto da spettatore attento, passo passo, ogni situazione della tua bella rivisitazione del ricordo e degli avvenimenti, reali e fantastici, da te descritti in modo mirabile.
Grazie e complimenti.
da te descritti …
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