Ai miei prozii
Eduardo e Armando Pelle
Ai Ragazzi del’99
A tutti i caduti e alle loro famiglie

Solo i morti hanno visto la fine della guerra
(Platone)
Spesso mi sono chiesta, cosa abbiano provato i ragazzi che hanno vissuto i giorni amari della Grande Guerra, e se mai, chi riuscì a sopravvivere a quell’orrore, abbia riacquistato la voglia di vivere e soprattutto abbia mai smesso di avere paura.
Ho deciso di dare “voce” a qualcuno dei miei compaesani dell’epoca, attraverso una serie di lettere, scegliendo figure emblematiche del contesto sociale, pur non avendone, per ovvi motivi anagrafici, mai conosciuto nessuno.
La mia fantasia ha creato frasi, scegliendo tra le parole, che ho immaginato che quei giovani avessero potuto inviare ai loro cari, e considerando, che molti di essi non sapevano né leggere, né scrivere ho dato spazio al graduato di turno, che aveva la responsabilità del manipolo o a qualche fortunato ragazzo che, per nascita e/o attività della famiglia, aveva qualche rudimento culturale che gli permetteva di scrivere e dunque si sostituiva al mittente.
Le lettere sono indirizzate alle famiglie: mogli, madri, padri, innamorate lasciate in attesa e con speranza di ritorni, e, in alcuni casi, a persone che avrebbero potuto curare degli interessi personali.
Le missive, specialmente quelle scritte in dialetto, che ho immaginato piene di errori di ortografia e grammatica, non vogliono essere irriverenti verso chi ha scritto in prima persona o facendosi aiutare, ma solo completare un panorama fatto di anime sole che in una maniera o in un’altra hanno espresso sentimenti ed emozioni in maniera virile, come richiesto dai costumi e dall’educazione dell’epoca.
Strappare, in alcuni casi, un sorriso al lettore, nella tragedia cronologicamente riportata, è stato per me voler dare un senso di continuità alla vita di queste persone che dovevano aggrapparsi, comunque, ad una speranza di ritorno e quindi anche all’occuparsi a distanza di ciò che avevano lasciato, pensando ad un nuovo e più favorevole futuro.
La praticità, qualche volta, serve a nascondere e a rendere meno crudo ciò che si ha davanti, il senso di famiglia, amore e appartenenza non ne risultano, comunque mai sminuiti.
In particolar modo queste lettere sono state scritte pensando a coloro che non sono mai ritornati e a quelli senza volto, che hanno dato la vita senza avere in cambio nemmeno, la dignità di essere ricordati e indicati da un nome ed un cognome.
Chiedo scusa ai lettori per qualche inesattezza, avendo io citato eventi e luoghi, inoltre, preciso che i nomi utilizzati e le situazioni riportate, sono frutto esclusivo della mia fantasia.
22 giugno 1915
Fronte Isonzo
Mia cara,
domani attaccheremo sull’Isonzo ed io ho voluto scriverti per dirti che ti amo tanto.Spero di tornare quanto prima. Abbi cura di te e aspettami, io ti penso sempre, qui non è tanto male in montagna il giorno fa caldo, solo la notte è un po’ freddo ma il pensiero di te, specialmente quando sono di guardia, mi riscalda il cuore.
Porto la ciocca dei tuoi capelli e la tua foto nel portafogli, vicino al mio cuore, e quando posso riposarmi li guardo e li bacio.
Amore mio! mia Adorata! non arrossire perché ardisco parlarti così, la guerra finirà in fretta, vedrai, ed io tornerò da te e staremo sempre insieme e ti bacerò e ti carezzerò il viso e i capelli, tutti i giorni che nostro Signore vorrà concederci.
Mia amata, sognami e nel sogno abbracciami forte.
Ti voglio tanto bene
Angelo
1 agosto 1915
Fronte Isonzo
Cara Marietta,
te scroiv chescta lettera pe fart sapè ca joje steng vuon e accuscì spere di voi.
Ecche ru jurn, stam dendr a cierte fossera ca em scaveat e ca se chieman tringea, chemmùoa facem la uardia a ru frond, ma fa le call e ru seul t’abbriuscia, la saira stam sembr a la schetruota chemmuò ru cumandand doicie ca nge putaim mang appecciè na secaretta ca il nemico ce vaid.
Joje nen le saccie gnà féa il nemico a vederce, ca quoir sta lundean pur jiss, da ecch addò stieng joje.
Nghist jurn se siendene na freca de scuppettate ma joje stieng lundean dal fronde, pe furtiuna! ca stieng scavann n’aldra tringea, nziembra a mmè ce stea piur Seppandogne de re Maranghiun e Giuannangel de SandNuofrie.
Tanta salut a tata, a mamma,a tateun Necheula e a zezì Frangisc.
Ha ditt Seppandogn ca s’aviscia vedaje la moglie o che je la saliut.
Nicola
21 novembre 1915
Fronte Isonzo
Cara mamma,
oggi è la Madonna delle Grazie e credo tu ti sia recata in chiesa con le mie sorelle. Qui nevica e fa molto freddo, ma immagino anche ad Agnone.
Le notizie non sono proprie ottime, il nemico ci sta dando molto filo da torcere ma io sto bene e spero così anche di voi.
Ho ricevuto la tua ultima lettera con molto ritardo, e non so quando riceverai questa mia, dove mi dici che il fattore ti ha portato poca frutta, rispetto al raccolto, con la scusa della poca resa, rivolgiti dunque al mio caro amico ing. Martino Stella, che sicuramente potrà darti un aiuto e, nel caso, rimettere un po’ in riga il fattore.
Tieni sempre presente che il Notaio, dr. Gamberale, ha la gestione delle nostre rimesse e che quando hai necessità puoi rivolgerti a lui.
Inutile raccomandarti la parsimonia, considerando che è necessario ultimare la dote delle mie sorelle. Nella lettera mi dici che il maestro Sanseverino ha interesse per mia sorella Lucia, non so come tu abbia fatto a saperlo, ma rivolgiti a don Marco, che si informi circa il buon nome dello stesso, considerando che non è di Agnone.
Un forte abbraccio mamma, a te e alle mie sorelle, so che preghi per me. Io tornerò presto tuo affezionato figlio.
Umberto
14 aprile 1916
Fronte dell’Adamello
Cara Miglietta,
questa lettera te la sta scrivendo il Tenente, perché sai che io non so scrivere, quando ti arriva fattela leggere da Don Pietro.
Io sto bene e sono molte felice della nascita di mio figlio Vincenzo, spero che cresca forte e in salute e mi raccomando di non fargli mancare il latte.
Io spero di tornare presto per conoscerlo e fare festa per questo figlio maschio.
Cara moglie, mi raccomando di non far mancare il fieno agli animali che quando torno poi vediamo se qualcosa ci dobbiamo vendere o comprare.
Cara moglie il combare, a Vincenzino mio, glielo deve fare mio zio Giuseppe, e non come dici tu, da tuo zio Bruno.
Cara moglie qui fa molto freddo, dice il tenente che questa montagna si chiama Adamello, ma come si chiama, chiama, non è come le nostre montagne, è piena solo di pietre ed è molto brutta.
Cara moglie non ti mando un bacio perché sennò mi vergogno che lo scrive il tenente.
Tuo affezionatissimo marito
Luigi
30 giugno 1916
Fronte Monte San Michele
Pregiatissimo avvocato,
pur non sapendo quando riceverà questa mia,mi accingo a scriverla, perché ritengo il momento molto delicato.
Avvocato carissimo, per la fiducia che ripongo nella di lei persona, vorrei che disponesse delle mie sostanze, così come le dirò, considerando l’andamento della guerra e ciò che è successo ieri e che vado a descriverle
Ieri, molti commilitoni sono caduti a causa dei gas asfissianti che, gli Austriaci, hanno lanciato sulla zona del Monte San Michele, dove sono di stanza con il mio reggimento.
Non eravamo preparati a questo feroce attacco, e parecchi di noi non ce l’hanno fatta, la maschera antigas va tenuta sempre vicina, il nemico attacca senza preavviso e bisogna cercare di difendersi al meglio.
Pertanto, avvocato carissimo,mi sono deciso a scriverle e vorrei disporre per suo tramite, che tutte le mie sostanze, espresse in terreni e fabbricati, vadano a mio figlio Filippo con la curatela di mio padre e in luogo di lui, di mio fratello Federico.
I titoli, il denaro contante e tutti i gioielli andranno alla mia adorata moglie Vittorina, a cui la prego di non far cenno di questa mia.
Disponga con atto pubblico, a cui allegherà questa lettera, che spero le arrivi al più presto.
Le invio i miei più cordiali saluti, augurandomi di rivederla presto
Capitano FrancescoPaolo Manetti Bontempo
15 luglio 1916
Fronte Monte Corno
Caro papà,
penso che avrai saputo ciò che è successo qualche giorno fa e che i nostri valorosi Battisti e Filzi, catturati in un’azione sul Monte Corno, sono stati giustiziati.
Anche io ero lì con loro, onorato della loro vicinanza ma, sono riuscito a sfuggire ai meschini attacchi del nemico, perché mi trovavo, col mio manipolo, a guardare un altro fronte della montagna che ci ospita nelle grotte e nelle forre, per ripararci dai continui attacchi.
Papà puoi essere orgoglioso di me, mai mi sono fatto indietro durante gli scontri e il Capitano è molto contento del mio portamento in battaglia .
La guerra, per il momento, va avanti ed io darò tutto me stesso.
Il tuo affezionatissimo figlio
Alessandro Maria
25 agosto 1916
Fronte Città di Gorizia
Cara commara,
ti scriv chescta letera pe cund de maritt Pambeluccie, da questa cità ca si chiama Gorizia addò stam a arpusèa.
Pambeluccie sta vuon e pure joje che sò il vostro affezionatissime cumbar d’anello Raffael.
Aecch la ggende è bonafiglia, ma toje na desperauzien nguoll, chemmùoa le terroima ca zappan, so chiain de proit, e avoglia a sumendà.
Niu da ecc ema purtèa tutt chell che serv pe frabbecà e e pe magniea capammond pe la mundagna addò stien tutt re suldiet, ca stien sembr all’auattata, dentr a ciert fòssera o a ciert renzecch de proita
Maritt ca è ardetegn, s’ha fatt vuloje bboin da ru cumandant che jà ditt ca sa fatijiè.
Cara commara ha ditt maritt ca quanda arvoje se vuless purtaje nu miul da ecch, ja sapaje ca ecch ce stien ciert vettiure fort, che so cchiù gross de chell ca tenaim nìu e so fort prassiè.
Ma joje j’aje già ditt ca gna faciaim arpurtarce le besctie?
Maritt te manna tanda saliut a te, a cumbar Vetuccie e a cummara Giuseppina, tanda saliut piur a mogliema se ca l’avisce vedaje.
La Madonna v’assiscte e ru Patretern v’accumbagna.
Maritt Pambeluccie
13 Settembre 1917
Fronte Isonzo
Gentilissima signorina Silvia,
sono alcuni mesi che, con il permesso di suo padre, le scrivo queste lettere. Sono lontano da un anno, ma il ricordo della sua gentilezza e della sua dolcezza, lo conservo insieme, a tutte le sue care e confortanti lettere.
Mi chiede cosa faccio, ed io non ho difficoltà a dirle che qui la vita è piuttosto dura, le montagne ci hanno accolto e nascosto agli occhi del nemico ma, rendono inospitale il nostro soggiornare dacchè il giorno fa molto caldo e la notte fa molto freddo e la neve scende copiosa creandoci disagi anche per la più piccola cosa.
Quando non siamo impegnati nelle manovre o nella guardia ognuno di noi si occupa della propria divisa e del moschetto perché il Capitano, durante la rivista, trovi tutto in ordine.
Intorno ai nostri rifugi abbiamo costruito dei cunicoli per ripararci dal fuoco nemico e per sorvegliare le sue azioni.
Signorina Silvia, sappia che lei occupa un posto speciale nel mio cuore e che la solitudine della montagna è meno opprimente, al pensiero che anche lei mi vagheggia, il che mi fa sperare che, al mio ritorno, lei voglia concedermi di pensare alla proposta che le farò e che lei già credo immagini.
Domani sferreremo un attacco che spero possa essere decisivo, per le sorti della guerra ed io vado in battaglia con il suo nome impresso nel cuore.
A presto, cara Silvia, perdoni la mia impudenza, lei mi è più cara ogni giorno che passa.
Suo devotissimo Fernando Mosca
17 giugno 1917
Fronte de l’Ortigara
Amalia mia,
questa lettera la sta scrivendo un Sergente perché io non posso farlo.
Vorrei che sapessi che sono ferito, lascio il fronte e sto per essere portato in ospedale, ma non angustiarti me la sto cavando.
E’ un po’ difficile raggiungere l’ospedale perché ormai nessuna via è più sicura, ma io, se ce l’ho fatta fino ad adesso, credo di potermela cavare. E’ possibile che io torni a casa, appena mi rimetto un po’ e quando mi vedrai, mi troverai cambiato e non solo nel corpo, ma tu non dovrai adombrarti, ciò che conta e che conterà è che sono vivo e sto per tornare a casa.
E’ bene che tu sappia che vicino al nostro appostamento sono cadute molte bombe ed io ne sono rimasto ferito in maniera non lieve, molti dei miei commilitoni non ci sono più.
Io tornerò, sono sicuro che tornerò presto e vivremo insieme giorni felici.
Tuo amato Domenico
26 ottobre 1917
Fronte di Caporetto
Fratello mio,
ti scrivo questa lettera in un particolare momento di sconforto, abbiamo perso la battaglia ed io sono stanco e avvilito e ripenso a come ho trattato la mia vita.
Ho lasciato il nostro paese ed abbandonato te e la mamma e le nostre attività porgendoti, non soltanto il tuo fardello, sulle spalle, ma anche il mio.
Lo scorso Natale non sono neanche tornato ad Agnone, lasciando a te il compito di spiegare a nostra madre che, questo suo figlio scapestrato, aveva preferito altre compagnie a quella della sua famiglia.
Ippolito caro, cerca di perdonarmi se puoi, per essere stato egoista ed anche ingrato per tutti i sacrifici che hai fatto e che fai. Ora che la guerra infuria e non so, se e quando, vi rivedrò ripenso alla mia vita e a quel che ne ho fatto finora.
Spero di potervi riabbracciare, pregate per me, soprattutto per la mia anima.
Tuo fratello Sergio
20 dicembre 1917
Fronte Altopiano di Asiago
Amore mio,
tra pochi giorni è Natale e siamo ormai lontani da quasi due anni, la neve scende copiosa e copre misericordiosamente tutto.
Da lontano si vedono dei villaggi e più che vederli, li indovino, per un sentore di fumo che il vento a volte mi trasporta, passo il tempo con gli altri compagni e col comandante quando non sono impegnato nei turni di guardia.
Qui il cielo, quando è sereno, è molto terso ed è come una lama cristallina tagliente che, sembra radere un suolo duro e risuonante dei nostri passi lenti e stanchi.
State preparando il pranzo di Natale? E dimmi avete preparato un po’ di ostie e di pizzelle? Chi ci sarà con voi? Hai pensato a qualche regaluccio per i bambini?
Cerca di non essere triste, io tornerò presto.
Cara, fammi sapere come sta mia sorella, nell’ultima lettera mi hai detto che aveva perso l’appetito e lamentava forti dolori al fianco, ma il medico che dice? E’ venuto a visitarla?
A proposito del medico, mi raccomando, non dimenticarti non soltanto di fargli avere i miei saluti, ma anche di fargli avere in dono, un po’ del nostro vino, quello del poggio di Caccavone, ed anche un po’ delle mele di quelle che raccogliamo a San Rocco.
Mia cara vedrai, il tempo passerà in fretta ed io tornerò a casa, potrebbe essere anche soltanto in licenza.
Pensami quando metterai il Bambinello nella capanna, anche io ti penserò
Ti abbraccio forte e ti bacio in fronte.
Tuo marito Gustavo
4 maggio 1918
Fronte del Piave
Papà e Mamma carissimi,
io non so se e quando questa mia lettera vi giungerà, io la scrivo comunque nella speranza che leggendomi possiate un po’ tranquillizzarvi.
Di salute io sto benone, quindi non preoccupatevi per questo, voi sapete già che sono stato fatto prigioniero, oggi mi trovo ristretto a XXXXXX (censura)
Mi spostano, comunque, in continuazione e forse anche per questo la posta non è repentinamente recapitata.
Sono nelle mani del nemico e non so cosa la sorte mi riserverà, ma resto fiducioso, prima o poi tutto questo finirà, ed io ritornerò a casa da voi e usciremo la sera per il nostro Corso di Agnone a passeggio.
Mamma cara, non piangete tornerò presto.
Vi prego scrivetemi, perché è tanto che non vi leggo. Dio mi aiuterà.
Vostro figlio Arrigo
21 giugno 1918
Fronte della Battaglia del Solstizio
Fratello mio,
ormai siamo agli sgoccioli di un attacco che sembra volgere a nostro favore. Il nemico è comunque forte e ben organizzato.
Tu sai che io sono partito felice di poter combattere e difendere la mia Patria, ma in tutta onestà non mi aspettavo che fosse così dura. Viviamo come lupi nelle caverne e come tali urliamo il nostro grido di battaglia.
Ti ringrazio per prenderti cura dei nostri affari, qualcuno doveva pur farlo, e mi dici che non riesci più a trovare giovani apprendisti, dacchè sono tutti al Fronte. Io tornerò ed insieme ci occuperemo della nostra bottega orafa. Porto sempre al collo, insieme alla piastrina, la piccola medaglia che tu hai fatto per me.
Fratello caro, sento che la vittoria è vicina e con essa la fine della guerra.
Arrivederci a presto, un abbraccio
Orlando
3 ottobre 1918
Fronte del Grappa e del Piave – Vittorio Veneto
Carissima Luigia,
oggi ho ricevuto con piacere la tua lettera con la tua fotografia, ed ho gradito molto entrambe. In pochi giorni mi sono arrivate più lettere, credo perché avanziamo con forza contro il nemico, che indietreggia sotto i nostri colpi e dunque abbiamo migliori comunicazioni.
Sembra ieri che sono partito ed ho ancora negli occhi il tuo giardino quello che affaccia sott a Truon, come dici tu, e vedo ancora il panorama ampio e bellissimo delle tue dolci montagne e sento ancora la tua voce carezzevole e premurosa. Che buoni quei piccoli dolci preparati con le tue mani!
Io sono nato in un paese aspro e con poco verde ed ho adorato Agnone fin dal primo istante in cui ci son arrivato per lavoro.
Forse mi appare più bello perché ci sei tu.
Volevo dirti che sono stato decorato e quando tornerò, avrò appuntato sul petto un qualcosa che mi ricorderà per sempre le insidie, e i rischi e i dolori di questi giorni e se qualche volta, mi vedrai con lo sguardo velato abbi pazienza, in quel momento starò pensando ai miei compagni che non ce l’hanno fatta.
Non volevo rattristarti, tutto finirà a breve, ne sono sicuro! ed io tornerò ad Agnone.
Aspettami!
Roberto
4 novembre 1918
Fronte: Bollettino della Vittoria
Cari mamma e papà,
ormai credo che anche a voi sia giunta la notizia della vittoria del nostro Esercito, e di quello degli alleati, su un nemico che è stato duro da sconfiggere ma che alla fine è stato ricacciato oltre confine.
Il prezzo pagato, comunque, è stato troppo alto ed io ne ho visto molti, troppi,perire.
Non mi dilungherò tanto perché spero, che finito di smantellare l’ospedale dell’accampamento e rimandati a casa gli ultimi feriti, anche io sarò congedato e rinviato a casa.
Torno da eroe, ma nel cuore torno sconfitto, per non aver potuto curare e aiutare tutti quelli che, arrivati feriti, hanno sperato e anche implorato, che io li guarissi.
Un medico non è Dio, è soltanto un uomo.
A presto, vostro figlio
Guido Ercole
Copyright: Altosannio Magazine
Editing: Enzo C. Delli Quadri
Bravissima Manuela, i suoi scritti mi piacciono sempre mi fanno provare un’emozione diversa ogni volta.
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Cara Manuela, la ricchezza dei contenuti di questo epistolario denota la grandezza dei sentimenti che hai nel tuo cuore. Le nostre comunità hanno saputo trasmetterci la memoria dei nostri avi e noi abbiamo un debito che dobbiamo saper onorare come stai facendo tu. Ti sei immersa in un’altra epoca e.in una situazione a te sconosciuta ma come in una rappresentazione teatrale hai ricreato tante scene assolutamente credibili ed emozionanti. Ti faccio tanti complimenti e continua a stupirci. È il tuo momento
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CHAPEAU! Marcellino Birillino, man mano che ti conosco ammiro la tua scorrevole scrittura: fatti semplici e trasparenti, di picnic o danze, di spettri o di soldati al fronte, che raccontano sentimenti ed emozioni; pur essendo di fantasia emanano un grande “senso di famiglia”, che cattura l’attenzione del lettore.
Complimenti Amica virtuale e recente , “ardetegn”, s’ha fatt vuloje bboin da ru cumandant che jà ditt ca sa fatijiè”………vocabolo mai sentito, ma di gran pregio, credo, che ti sta a pennello!
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Marisa, grazie per i complimenti, particolarmente graditi.
Il termine Ardetegne è desueto ma, considerando il periodo di riferimento e i due protagonisti:ru cumbar (lo scrivano) e Pambeluccie poteva starci.
Ardetegna io? Forse! Il fatto è che, quando scrivo io vedo e vivo i miei personaggi
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Complimenti davvero, sono belle le tue lettere dal fronte. Una lettura molto scorrevole che riempiono il cuore, facendoti immergere pienamente nel contesto dell’epoca. Chissà l’emozione che si provava quando si riceveva una lettera da una persona che stava al fronte, pensare che adesso un whatsapp ti connette con il mondo intero in tempo reale. Le tue lettere mi hanno piacevolmente stupita.
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