di Flora Delli Quadri
Ricordo poco di quella nevicata: ululati di lupi nella notte e noi che, terrorizzati, ci stringevamo attorno al fuoco; i militari (una quindicina) che dormivano nella sala dei monaci; il rumore dell’elicottero atterrato nel campo sportivo; io con una palettina da fuoco cha spalavo per gioco davanti casa quando, il giorno 17 febbraio, il sole fece finalmente capolino.
Sono impressionanti le somiglianze (stesso periodo, stesse modalità, stesse zone colpite) tra la nevicata del 2012 e quella del 1956.
Il maltempo si annunciò il 29 gennaio, investendo dapprima il Nord Europa. In Svezia si raggiunsero i 50° sotto zero, si paralizzò la navigazione nella Manica e in Olanda. Quando la perturbazione giunse in Italia, vi arrivò quasi in sordina. Il primo di febbraio si registravano 17 cm di neve a Bologna, 17 a Reggio Emilia, 20 a Modena, 25 in Sila. Quisquiglie!
La notizia guadagnò le prime pagine dei giornali ma fu trattata come un normale fatto di cronaca. I guai cominciarono nei giorni successivi. Il 5 febbraio i giornali titolavano:
“Centinaia di comuni isolati”;
“A Matera manca la luce elettrica e non si confeziona più pane”;
“300 mezzi bloccati sull’Adriatica”;
“23° sotto zero in Alto Adige”.
e così via.
Fu allora che si cominciò a capire che ci si trovava di fronte ad un evento meteorologico straordinario. Ne seguì un valanga di notizie drammatiche: “Operai morti assiderati; Pullman bloccati dalla neve; Roma bloccata; Gelate le valli del Comacchio; La Sicilia in rivolta, braccianti senza lavoro; Insufficienti gli aiuti del governo”.
Non lo si sapeva ancora, ma quella era solo la prima fase, con le regioni Puglia, Calabria, Abruzzo e Molise tra le più colpite. I laghi di Campotosto, Provvidenza e Piaganini, da cui le società elettriche attingevano acqua per alimentare la rete elettrica dell’Aquila, si ghiacciarono completamente tanto da non permettere più alle centrali dell’Aterno di produrre energia. Particolarmente colpiti dalla prima ondata di freddo furono anche l’Alto e Medio Sangro e l’Alto e Medio Molise. In questa regione già al 5 febbraio erano raggiungibili solo una decina di comuni su un totale di 136
Il giorno 10 febbraio le previsioni del tempo annunciarono la seconda fase: bufera di neve su tutta l’Italia! E bufera fu, al nord e al centro, anche su Roma e anche su Venezia.
Ecco un campionario delle notizie riportate dai giornali dell’epoca:
“Di una partita di 53.000 bottiglie di latte, rifornimento per la terraferma veneziana, ben 40.000 sono scoppiate per il freddo; Arriva la bora a Trieste, a Verona e nel Veneto con i suoi 150 km/h; Neve a Milano, nell’Emilia Romagna e nel Piemonte, nel Lago Maggiore e nella Val d’Ossola; Il Po si sta ghiacciando; Nel Trentino gela il vino nelle botti; 6 ore e mezzo per raggiungere Viterbo da Roma; strage di bestiame sulla Cassia, distrutti tutti i raccolti”.
Ormai non c’erano dubbi: ci si trovava di fronte ad una vera emergenza nazionale. Ma torniamo alla cronaca dell’Abruzzo. Il bollettino ufficiale del giorno 14 febbraio recitava: 323 morti in tutta Europa, di cui 56 i Italia; 80 comuni isolati nel Molise, 42 nel Chetino, 157 nel Teramano, 150 nell’Aquilano.

Per girare il suo film “Uomini e lupi” con Silvana Mangano e Yves Montand, il regista Giuseppe De Santis scelse proprio l’Abruzzo innevato del ’56. Non aveva però fatto il conto con la neve. Tutta la troupe, infatti, rimase bloccata per alcune ore nei pressi di Scanno finché una squadra di soccorso partita proprio da questa città non andò in suo aiuto.
Bisognò arrivare al 19 febbraio per registrare un vago miglioramento, anche se in Abruzzo e Molise restava il gelo e la neve, ancora con temperature molto basse (-31°). Sui giornali si legge di un anziano di Castiglione M.M. rimasto completamente isolato e raggiunto da un gruppo di sciatori solo dopo 15 giorni. Ma non era finita qui. Mentre alcune regioni tiravano un sospiro di sollievo, ecco in arrivo la terza ondata. Di nuovo la coda del freddo colpì particolarmente l’Italia centro-meridionale, Abruzzo in testa!
All’epoca gli inverni erano inverni veri e la penuria di mezzi meccanici aggiunta alla mancanza di sale facevano sì che, quando nevicava, il bianco manto si accumulasse e per vederlo sciogliere bisognava necessariamente aspettare il disgelo.
E così le notizie sul maltempo ritornarono, purtroppo ancora una volta, in prima pagina:
“Appena la temperatura si alzerà e la neve comincerà a sciogliersi, ci si aspetta nelle regioni in cui le precipitazioni sono state particolarmente abbondanti un pauroso ingrossamento dei corsi d’acqua e valanghe”. Manco detto e il 22 febbraio arrivò l’ondata di piogge, valanghe e frane in Abruzzo e in Sicilia.
Quando sembrava tutto finito, i giornali del 23 febbraio ancora titolavano:
“Ad Avezzano 20° sotto zero, non si trova legna, si bruciano tavoli e sedie; nel Fucino 31° sotto zero; un giovane di 24 anni è morto di assideramento alla periferia di Avezzano mentre rincasava; la neve accumulata dal vento ha raggiunto, nella Marsica, 9-10 m di altezza”.
A bufera finita, nel fare il bilancio finale di questa tremenda nevicata si scoprì che era stata proprio la Marsica la zona più colpita: temperature polari, 93 tra comuni e frazioni con 150 mila abitanti bloccati e un solo elicottero per portare i soccorsi.
Finalmente il 24 febbraio arrivò il sole, anche se restavano ancora isolati Pesacasseroli e Tagliacozzo.
Quando tutto sembrò finito, ai giornalisti che si recarono in queste zone si presentò una situazione desolante.
“A Luco dei Marsi non si vedono negozi, portoni, terranei, solo finestre e tetti. Possono essere liberati dalla neve solo i tetti che danno sulle due strade principali, quelle dei vicoli no perché non c’è spazio per buttarla giù, una decina di tetti sono già crollati.
Luco dei Marsi, paese di 6000 abitanti nel cuore dell’Italia, 10-15 ° sotto zero come in Finlandia, in Islanda o in Siberia, ma lassù la gente è coperta di pellicce: anche i più poveri hanno berretti di pelo e stivaloni di feltro, in ogni sperduto casolare arde la legna nei camini, la vodka, l’acquavite e il tè bollente sono sempre a portata di mano.
Qui invece, nel cuore dell’Italia, con 20° sotto zero si va in giro senza pastrano, con scarpe di tela e di corda e con berretti che possono riparare dal sole, ma non certo dal gelo. Si entra in una casa e in un’altra e in un’altra ancora e in nessuna c’è il fuoco acceso, nemmeno il braciere dei nonni”
Flora, ancora una volta, ha colpito con una descrizione degli eventi particolare e sentita. Complimenti.
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Una descrizione bellissima grazie a Flora.
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Avevo solo 5 anni e non rammento personalmente l’ evento eccezionale.Ricordo, però,i racconti dei miei genitori e soprattutto di papà Ovidio che in quel periodo già, pensate, andava a prendere ( ovviamente a piedi!) la posta a Pietrabbondante a 1050 mslm da i 610 mslm di Castelverrino. Grazie a Te, Flora, ho rivissuto e approfondito quei racconti ! Grazie e complimenti.
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Ricordo anch’io di averne sentito parlare da bambina. Ho anche una foto di mio padre intento a spalare neve davanti a casa proprio in occasione di quella nevicata .Il tuo bell’articolo me l’ha riportata alla mente. Grazie
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A Villetta Barrea (AQ) eravamo rimasti isolati da parecchi giorni e mancava persino il pane. Avevo otto anni, ma ricordo ancora come se fosse ieri, che arrivarono gli aerei a rifornirci. Volavano a bassa quota (meno di mille metri! un prodigio per noi bambini di allora) ed effettuavano lanci di paracadute nella zona dove ora c’è il campeggio. Gli uomini validi andavano a recuperare i pacchi e affondavano nella neve fino all’inguine. Lentamente, ad uno ad uno i pacchi furono trasportati in piazza, sotto le nostre finestre, poi nella sede municipale per la distribuzione dei generi di prima necessità. Non nevicava più e con il pallido sole della mattinata la popolazione si riuniva per vedere la seta dei paracadute, grandi come tutta la strada, e valutava quanti vestiti di lusso si sarebbero potuti fare con tanta stoffa.
Ricordo che si camminava per le strade percorrendo stretti cunicoli scavati a mano tra due pareti di neve alta fino alle finestre dei primi piani e spesso sporca perché a quella caduta dal cielo si era aggiunta quella buttata giù dai tetti per evitare che crollassero.
Ringrazio Flora per la puntuale rievocazione e il mio pensiero corre ad un’altra Flora, figlia del Sindaco di allora.
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Anch’io ricordo quel periodo. la sera non c’era in cm di neve e l’indomani mattina aprendo il portone non potemmi uscire xchè c’erano 2 m! dovette venire Ciccio (?) lo spazzino a liberanci! Ricordo ancora che dovetti andare a farmi curare un dente da don Serafino Labanca ed al ritorno la sua infermiera mi portò in b raccio fino a casa, a corso Garibaldi, 75!
devo avere le foto di quel periodo:appena posso le scannerizzo e le posto su questa pagina!
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☆☆☆
Un mirabile testo in uno stile sobrio e preciso, puntuale che qualcuno potrebbe dire anche tecnico, ma noi ammiriamo pure la grande capacità di esposizione “attrattiva”, accattivante e chiara …
di Flora Delli Quadri.
Tutti i pregi della grande competenza nel saper narrare e di informare, con i precisi e costanti riferimenti alle notizie del tempo, in cui sono avvenuti gli eventi narrati, Flora Delli Quadri ha riportando nel testo le varie e puntuali citazioni essenziali, le quali sono per noi una garanzia per la correttezza delle notizie narrate. …
Io posso solo dirti grazie, sempre gentile Flora Delli Quadri e complimenti, per il tuo sapere affiancare il rigore del metodo scientifico, alla necessità di far conoscere i fatti accaduti, senza appesantire minimamente la tua narrazione espositiva sempre duttile e scorrevole …
Grazie di nuovo e complimenti.
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Complimenti per l’articolo….
bravissima Flora
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Se i lettori di questo articolo sono d’accordo, si potrebbe fare un album di foto del periodo, raccolgiendole tra quelle postate dai lettori. le modalità sono da vagliare.
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io non ero ancora nato…..meno male! complimenti una testimonianza che ritengo sia esclusiva ed eccezionale! bravissima, ciao Bernardo
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Complimenti, Flora, emozionante racconto, Frequentavo la prima liceo a Isernia, scuole chiuse per oltre 15 giorni, e scarse notizie.
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