Antonio Gerardo Marinelli
Quasi a coprire come erba sta sul prato stai.
Spoglio di membra ardite sparse per altrui terre,
pensoso stai a rimirar le piaghe inferte dal lor strappar feroce.
Qui, piangi le sorti di chi ancora ti appartiene
A giudicare dal tuo respiro, senza lamenti, morendo stai.
Agonia lenta e silenziosa.
T’hanno spento il futuro rubandoti l’olio della lucerna.
Nessun campanaro suona ormai per te,
nessun ramaio o fabbro ferraio forgia per te e,
nessun tuo figlio, che per fame partì, ti aiuta e semina per te
terra mia.
Né ti aiuta chi è rimasto a vivere del tuo vecchio fasto
Inutile, spoglio, guardi il vuoto intorno.
Quel poco che resta marcisce senza pietà alcuna, sterile.
Nessun ti aiuta più, paese mio.
Con riso amaro ti vediamo morire, e con te noi.
L’ultimo respiro rabbioso e forte:
ci chiami tutti per nome, Tonino, Sergio, Emidio, Alessandro…
Uno ad uno…
La fine arriva, come il nulla, perché la fantasia è finita
Addio, Agnone, paese mio.

Copyright: Altosannio Magazine
Editing: Enzo C. Delli Quadri