Siamo a metà dell’Ottocento. Agnone “è un paese laborioso di opera varia e utile, che, per certi versi è anche modestamente artistica e ingegnosa”. Sono queste le parole che Luigi Gamberale[1] all’epoca ragazzo, utilizza nel suo “Il mio libro paesano”. Scritto all’inizio del Novecento consente una visione del momento storico vissuto dal Paese in un momento di particolare sviluppo ma già alle prese con questioni ancora molto attuali, dopo quasi due secoli di distanza.
Credo di far cosa gradita, agli amici di Agnone, pubblicare a puntate, l’introduzione al suddetto libro, curata da Sebastiano Martelli [2]. Chi vorrà leggere il libro lo troverà presso la libreria Ricci di Agnone.
La decisione della pubblicazione è stata in qualche modo influenzata dalla lettura di alcuni dati demografici riproposti in questo inizio di anno 2023 dai quali emerge come Agnone avesse a quell’epoca quasi 12.000 residenti ed era secondo solo a Campobasso che ne aveva poco più di 14.000.
Enzo Carmine Delli Quadri

professore illuminato
dell’Ottocento molisano
Introduzione a “il mio libro paesano” di Luigi Gamberale
Curata da Sebastiano Martelli
Parte Prima
Nella seconda metà del Settecento Agnone vive una accelerata evoluzione del quadro sociale ed economico: sviluppo delle manifatture e dell’artigianato, nuovi mulini e ramiere; dinamismo commerciale; ragguardevole numero di professionisti; ampliamento della platea di piccoli e medi proprietari terrieri; rafforzamento del ruolo di “città” e di “capitale” del circondario molisano-abruzzese. Tale assetto sociale ed economico, che ha un riscontro nella progressiva stabilizzazione dell’Università, non entra in conflitto con la Chiesa, asse portante e coesivo della società agnonese che nel corso del Settecento vede consolidarsi anche il suo ruolo sociale ed economico (proprietà terriera, pratica del credito)!
Il 1799, che vede in Agnone una consistente adesione alle idee di cambiamento portate dalla rivoluzione, ebbe aspetti e sviluppi diversi da quanto accadde in altri centri del Molise e del Mezzogiorno. Luigi Gamberale nel suo Discorso di un agnonese ad agnonesi – tenuto nel 1900 in occasione dell’inaugurazione della lapide in ricordo dei trentanove agnonesi condannati per i fatti del 1799 – invita a non valutare ed esaurire il quadro agnonese di quegli eventi nella figura «ideale» ed «eroica» di Libero Serafini e del suo sacrificio estremo ma piuttosto, richiamando esplicitamente Benedetto Croce, a evidenziarne invece il suo «carattere di una Storia Sociale». Occorre richiamare alcune peculiarità della storia di Agnone, una città che non aveva mai accettato il sistema feudale, riuscendo ad evitare che tra le sue mura «si elevasse il castello del feudatario, né che un feudatario imponesse il suo arbitrio»; una «indipendenza» del Comune sostenuta da un «sentimento» diffuso tra i cittadini. Sono queste alcune delle premesse del quadro sociale composito rilevabile nelle adesioni alle idee di rinnovamento del Novantanove:
furono professionisti e furono artigiani; furono notai, avvocati, medici, sacerdoti, cultori di studi disinteressati e furono ramai, orefici, muratori e via via […]. Furono i rappresentanti della cultura agnonese e i rappresentanti dell’attività agnonese. Furono i fattori della nostra forza intellettuale e i fattori della nostra forza economica.
Proprio questa «concordia» tra la classe intellettuale e i ceti produttivi segna la storia della città non solo in quel passaggio storico ma anche nel secolo successivo; insomma anche dagli avvenimenti del Novantanove viene la conferma di una gestione “guidata” della convulsa fase rivoluzionaria e del quindicennio successivo in cui la borghesia e la Chiesa, come faranno in altri momenti storici, trovano opportune soluzioni e composizioni.
Questo assetto sociale ed economico – in cui la conflittualità di classe è molto attutita se non del tutto assente, nonostante le condizioni di sofferenza del ceto contadino – vive una decisiva spinta propulsiva nella prima metà dell’Ottocento – nel 1809 il Comune si stacca dalla provincia di Chieti per entrare in quella di Molise – contrassegnata da una forte ascesa della curva demografica”, da un consistente ampliamento della classe media, che via via e con sempre maggiore convinzione pone una domanda di istruzione e di acculturazione. Tale domanda trova piena soddisfazione nella presenza rilevante di un clero, che nelle sue caratteristiche rispecchia molto bene quell’ «entente cordiale” tra la Chiesa e la borghesia – nonostante il forte ridimensionamento delle proprietà ecclesiastiche a seguito dei provvedimenti legislativi del periodo napoleonico, di cui beneficia la stessa classe dei galantuomini – che in questa fase storica consente a livello culturale un salto qualitativo nazionale.
A partire dagli anni quaranta, nel clima politico-culturale fermentato dalle idee liberali e risorgimentali, che trovano largo consenso e si scontrano con le chiusure autoritarie e repressive del regime borbonico, anche il quadro agnonese è destinato a subire qualche strappo, che in realtà finisce per esaltare il profilo dei protagonisti nonché la maturità e la qualità della loro azione culturale, pedagogica e civile.
Nelle pagine che aprono Il mio libro paesano, Gamberale disegna con sintesi assai efficace la facies della società agnonese nella prima metà dell’Ottocento, quale circuito virtuoso si fosse creato tra essa e gli esponenti della cultura locale, maestri delle nuove generazioni che esprimevano e praticavano un’opera non solo «utile» – al pari di altri «mestieri» ed attività produttive – ma avvertita di grande professionalità, dignità, valore civile che davano lustro alla città: un folto gruppo di intellettuali-preti-insegnanti che soddisfaceva alla domanda di istruzione della città e del circondario, che nel ventennio che precede l’Unità vive il suo momento più intenso e significativo.
[1] Luigi Gamberale fu un professore, scrittore, preside e traduttore, nato ad Agnone nella prima metà dell’Ottocento, periodo particolarmente significativo per la cultura dell’alto Molise.
[2] Sebastiano Martelli è professore ordinario di Letteratura italiana presso l’Università di Salerno e direttore del Dipartimento di Studi Umanistici presso la stessa Università.
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