Siamo a metà dell’Ottocento. Agnone “è un paese laborioso di opera varia e utile, che, per certi versi è anche modestamente artistica e ingegnosa”. Sono queste le parole che Luigi Gamberale[1] all’epoca ragazzo, utilizza nel suo “Il mio libro paesano”. Scritto all’inizio del Novecento consente una visione del momento storico vissuto dal Paese in un momento di particolare sviluppo ma già alle prese con questioni ancora molto attuali, dopo quasi due secoli di distanza.
Credo di far cosa gradita, agli amici di Agnone, pubblicare a puntate, l’introduzione al suddetto libro, curata da Sebastiano Martelli [2]. Chi vorrà leggere il libro lo troverà presso la libreria Ricci di Agnone.
La decisione della pubblicazione è stata in qualche modo influenzata dalla lettura di alcuni dati demografici riproposti in questo inizio di anno 2023 dai quali emerge come Agnone avesse a quell’epoca quasi 12.000 residenti ed era secondo solo a Campobasso che ne aveva poco più di 14.000.
Qui la Parte Prima https://altosannioblog.wordpress.com/2023/02/01/agnone-storia-dimenticata-di-un-grande-centro-darte-parte-prima/
Qui la Parte Seconda https://altosannioblog.wordpress.com/2023/02/02/agnone-storia-dimenticata-di-grande-centro-darte-parte-seconda/
Qui la Parte Terza https://altosannioblog.wordpress.com/2023/02/03/agnone-storia-dimenticata-di-grande-centro-darte-parte-terza/
Qui la Parte Quarta https://altosannioblog.wordpress.com/2023/02/04/agnone-storia-dimenticata-di-grande-centro-darte-parte-quarta/
Qui la Quinta Parte: https://altosannioblog.wordpress.com/2023/02/05/agnone-storia-dimenticata-di-un-grande-centro-darte-parte-quinta/

Parte Sesta e ultima
Il 1876 è una data che ha riverberi non solo su Agnone ma anche sulla vita di maestri e allievi della scuola agnonese: il ministro Nicotera, avverso alla candidatura di Bonghi nel collegio di Agnone, decide l’immediato trasferimento di Marinelli, provveditore a Campobasso, nella sede di Potenza; a Campobasso ritornerà dopo alcuni anni di varie assegnazioni (Macerata, Pisa e Livorno) e continuerà a dare sostegno e direttive alle due scuole normali da lui create.
Il contrastato quadro politico va a collegarsi negli stessi anni ad una definitiva svolta nella storia della città, segnata da un esodo migratorio che in meno di un ventennio la priva di due quinti dei suoi abitanti, diretti in gran parte in Argentina. Questo fenomeno – che è diventato un case study nella storiografia sull’ emigrazione – è l’«effetto» più vistoso del «malessere» e del «disagio agnonese originato oltre che da ragioni economico-sociali comuni al resto del paese anche dalla peculiarità agnonese: dopo l’Unità Agnone perde il ruolo di centro di riferimento del distretto molisano-abruzzese a causa della rottura dell’isolamento grazie alle nuove vie di comunicazione che hanno messo in contatto anche i paesi montani con prodotti e mercati nazionali ed esteri; oltre l’agricoltura entra in crisi il settore fondamentale dell’artigianato, si disfa quel tessuto sociale ed economico tenuto insieme dalla Chiesa e dalla borghesia locale, costretta anch’essa ad incamminarsi sulle vie dell’oceano.
Attraverso consistenti catene migratorie interi pezzi della società agnonese, in cui sono presenti tutti i ceti sociali, si trasferiscono in Argentina creando nella comunità italiana una presenza forte e distintiva con la formazione di un’élite che ne modella gli orientamenti politici e culturali: qui le opzioni monarchiche in realtà ripropongono quelle liberali ed unitarie del periodo risorgimentale in patria; l’attivismo imprenditoriale e la forte presenza nel campo dell’istruzione e della cultura sono anch’esse un prolungamento di quelle dinamiche che contraddistinguono la storia di Agnone nel corso dell’Ottocento. A completare il case study agnonese c’è da sottolineare che questo composito quadro dell’esodo migratorio ha un ulteriore importante riflesso nella città di origine: l’instaurarsi di un circuito economico non solo attraverso le rimesse consistenti ma anche con attività imprenditoriali (agenzie di viaggio, import-export, ecc.) che si svolgono tra le comunità di emigrati agnonesi e la loro città d’origine. Costante è l’attenzione della stampa locale alle comunità agnonesi, che nel frattempo hanno creato in particolare in Argentina giornali o hanno un ruolo primario nella stampa italiana di quel paese.
Questo circuito cosi consistente e peculiare fa si che l’esodo migratorio, nonostante le sue dimensioni eccezionali, abbia conseguenze largamente positive sul tessuto sociale, economico, culturale della città fino ai primi del Novecento, quando iniziò il suo definitivo declino.
Nel Discorso di un agnonese ad agnonesi, Gamberale, passando dall’analisi del quadro sociale e culturale della città di un secolo prima alla situazione attuale – «affetta» da «anemia intellettuale ed economica» – lancia un ammonimento sui cambiamenti in corso: se gli agnonesi non si sintonizzano sugli svolgimenti della civiltà contemporanea, il suo crepuscolo sarà inevitabile; non «basta più» coltivare il mito e neppure il modello di sviluppo («l’alveare» e «l’ape agnonese» dell’artigianato, del commercio, dell’agricoltura) che aveva segnato la crescita della città tra Settecento e Ottocento; i quarant’anni postunitari «hanno mutato» profondamente «la regione che fu vostra»; ora i nuovi mezzi di comunicazione, il grandioso sviluppo industriale e commerciale «vi hanno scacciati da quello che fu vostro», la civiltà moderna «vi scaccerà e schiaccerà ancora più». Né, aggiunge Gamberale, la soluzione può venire dagli emigrati, essi nella gran parte non rientreranno più, avviandosi verso una prevedibile definitiva integrazione nei paesi di approdo; e invece è dalla società agnonese che deve partire il rinnovamento: «E qui che bisogna afferrare per i capelli la civiltà che ci ha domi ed umiliati, e farla nostra, per tornare poi in sua compagnia alla riconquista dei mercati che abbiamo perduti. È qui che quella civiltà deve diventare [.] nostra». Per Gamberale Agnone ha le forze culturali, sociali, imprenditoriali per realizzare questo obiettivo, ma occorre aprirsi alle leggi della economia moderna e superare il basso profilo della lotta politica, «ributtare lungi da noi i feudatari politici», per «riconquistare l’egemonia perduta, occorre che Agnone abbia un’anima sola, un cuore solo, un’aspirazione sola, un indirizzo solo»
Fine della Sesta parte
L’introduzione al libro di Gamberale “Il mio libro paesano” continua per altre numerose pagine, ma l’essenziale è stato fin qui riportato.
Chiunque abbia letto queste puntate, o meglio ancora il libro, potrà dedurne una verità assoluta: Agnone, fin dal secolo scorso, ha preferito il basso profilo della politica, ha scartato e deriso ogni iniziativa di rilancio del territorio che partisse da sé stessa, ha preferito non ributtare ma buttarsi tra le braccia di feudatari politici, perdendo definitivamente l’egemonia di un tempo, la sua anima vera e profonda, il suo cuore pulsante.
Enzo Carmine Delli Quadri