di Antonia Anna Pinna[1]
con le foto di Nicola Giovannelli
Conosco molto bene Frattura: negli anni 60 del secolo scorso, io accompagnavo mio nonno che lì si recava per vendere frutta. La sua bellezza mi ha sempre ispirato sentimenti forti, sia per la gentilezza delle persone, sia per il panorama mozzafiato che si può godere direttamente dai tornanti che bisogna percorrere per arrivarci: sembra un viaggio spirituale. Tornavo da Frattura sempre con dei pezzi di salsiccia secca che mi regalava una signora tenerissima che faceva cambio merce con noi. Lei prendeva il necessario e a noi dava uova, fagioli e lardo. Mio nonno non si è mai formalizzato sul denaro; se non correva moneta, si ricorreva al baratto.
Frattura, frazione di Scanno (AQ), situato a 1.260 m.s.l.m., è raggiungibile attraverso una strada provinciale che si dirama dalla statale delle gole del Sagittario e che diparte dal bivio situato nei pressi del lago di Scanno.

Deve il suo nome alla frattura generatasi nel 217 a.c. che sbarrò il fiume Tasso e andò a formare il lago di Scanno. Il centro fu eretto proprio ai piedi della spaccatura del monte Genzana. Il 13 gennaio 1915 si riattivò la stessa faglia che sconvolse secoli prima questa zona e il piccolo borgo venne raso al suolo: ci furono 120 morti su 350 abitanti. Solo pochi restarono attaccati alle loro case anche se pericolanti. Il nuovo paese fu ricostruito tra il 1932 -1936 su uno sperone poco lontano sul monte Rava, anche se il lavoro nei campi li riportava sempre al vecchio paese.

La popolazione visse per oltre 20 anni in baracche di legno che avevano un solo vano per 6-7 persone sotto il cui pavimento era situato il fondaco per tenere il necessario utile alla sopravvivenza. Una baracca, poi, era adibita a scuola; là andavano, a piedi e con la neve, anche i bimbi di Frattura vecchia. La maestra veniva da Scanno. Furono le donne che, con canestri in testa, si preoccuparono di eseguire Il trasloco alle case nuove.

Durante quegli anni ci fu un’epidemia di difterite maligna che colpì soprattutto i bambini. In proposito, una Signora racconta << Ai piccoli facevano degli impacchi di creta calda al petto ma non ci fu niente da fare, morirono 19 creature, tutte belle. >> Ma anche tanti anziani, che in quelle case non riuscivano a scaldarsi a sufficienza, furono decimati dai rigori dell’inverno.
Lo scoppio della guerra e la successiva emigrazione spopolò ulteriormente questo piccolo borgo dove oramai vivevano solo donne, vecchi e bambini. Gli uomini erano sparsi per l’Europa e negli altri Continenti e molti non vi fecero più ritorno, abbandonando, così, le famiglie.
Ora i residenti sono appena 22 ma c’è la possibilità che questa emorragia demografica possa essere arrestata: un Signore italo svedese ha comprato alcune vecchie case e ha presentato un progetto di albergo diffuso con l’obiettivo di far rivivere il vecchio Borgo destinato, altrimenti, alla morte certa. La gente dopo qualche iniziale diffidenza ha risposto positivamente all’iniziativa e spera che presto inizino i lavori di restauro. Auguriamoci di veder rinascere questo gioiello incastonato tra i monti da cui si gode uno dei panorami più belli che io conosca.

Invito tutti a visitare e conoscere questo splendido Borgo del nostro territorio e il suo museo delle arti e delle tradizioni popolari; è un museo etnografico in cui sono esposti tutti gli attrezzi in uso agli inizi del secolo scorso, suddivisi in arnesi per la casa, attrezzi da viaggio, per l’agricolture e per l’allevamento.
È curato dal Sig. Palmerino Caputo. A lui mi son rivolto per sapere dell’esistenza di una canzone popolare conosciuta in Alto Molise (che torna nei ricordi di Maria Delli Quadri) in cui si magnifica la bellezza delle donne di Frattura. Purtroppo non ho avuto riscontro. In compenso, però, mi ha segnalato la interessante ricostruzione del costume di Frattura che qui riporto.
La ricostruzione si deve al Tanturri che così lo descrive ne “Il Regno delle Due Sicilie descritto ed illustrato”: “La vestitura dell’uomo non differisce da quella degli Scannesi. Le donne usano gonnella pieghettata al di dietro, ed è o di panno turchino oscuro, ma più comunemente di tessuto non gualcito, risultante di canape e lana tinta a rosso pallido. Il giustacuore è di panno turchino oscuro, o verde: è staccato dalla gonnella e con manichi appuntati alle articolazioni degli omeri con nastri colorati. Il grembiule è di tessuto di lana non gualcato, a colore o rosso o verde. Guarniscono la testa con fazzoletto per lo più bianco foggiato a trapezio, i di cui angoli laterali ripiegano sul capo in modo da far rimanere visibili lateralmente i soli pendagli. Con questo semplicissimo abbigliamento, acquistano risalto maggiore i belli lineamenti dell’assai sensibile e loquacissima Fratturese“.

[1] Antonia Anna Pinna, Abruzzese di Villalago (AQ), lavora in Banca d’Italia. Ama la scrittura e, in particolare, la poesia che nasce dal suo profondo amore per ogni forma di vita, dal suo essere donna, madre e moglie.
Copyright Altosannio Magazine
Editing: Enzo C. Delli Quadri
Grazie Enzo.
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Complimenti,cara ANTONIA ANNA PINNA …racconto scritto con sagacia; documentati il passato e il presente, legati a ricordi personali e giovanili, che lo rendono ancor più accattivante – Anche l’invito a visitarlo è fatto con tanta naturalezza ed affetto come un invito a casa tua… ed io l’accetto e chissà quest’estate… E la bellezza del posto sicuro non deluderà quanti raccoglieranno l’invito …Prova certa è che qualche “straniero” ne è stato CATTURATO ed ha creato “l’albergo diffuso” .
Cosa che si è espansa ed è avvenuta anche a Tavenna, un paese collinare molisano, abbastanza vicino al golfo di VASTO, che gode di un vasto e bel panorama, che anch’io ho descritto con “enfasi” in un racconto pubblicato da ALTOSANNIO”1961 ANNO DI PROVA…MAESTARA E MADRE”.
FRATTURA E VILLALAGO SONO BORGHI ATTIGUI?
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Si sono paesi vicinissimi, tra Villalago e Scanno ci sono 7 Km e in mezzo c’è Frattura ma bisogna arrampicarsi sui tornanti per salire a 1300 metri. Grazie dei complimenti
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NON SO Perché COMPARE QUEL “PROFICISCOR”! Sarà il refuso di una mia poesia “vecchio quaderno nero” che ho messo IN FONDO al racconto di MARIA DELLI QUADRI… E NON RIESCO A TOGLLIERLO …
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Grazie Antonia Anna Pinna per questo tuo “lavoretto” che contribuisce efficacemente a mantenere vivo il ricordo della nostra Terra, dove poggiano solide le nostre radici.
Le tue parole rafforzano lo spirito con il quale ho cercato con le mie foto, allegate al tuo lavoro, rendere omaggio a Frattura ed a tutto il Territorio circostante.
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Grazie Antonia Anna Pinna di questo tuo “lavoretto” che contribuisce a mantenere vivo il ricordo della nostra Terra, ove poggiano salde le nostre radici.
Le tue parole rafforzano lo spirito con il quale, con le mie foto allegate al tuo lavoro, ho voluto rendere omaggio alla Terra dei nostri avi, ed al Territorio viciniore.
GRAZIE di tutto cuore.
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Grazie per le foto molto belle. Segnalerò il suo nome nell’articolo. Grazie
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Avevo chiesto ad Enzo di una poesia dialettale delle nostre parti in cui si faceva riferimento alle donne di Frattura ” dagli occhi nerilli”. Spero di trovarla prima o poi. Bello il tuo racconto, delicata la ricostruzione dei fatti.
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Tanti ricordi, tanti sentimenti vissuti in prima persona da Antonia Anna Pinna, le hanno permesso di creare e condividere uno splendido racconto in cui vi sono tradizioni, in cui vi è storia di una comunità, in cui vi sono progetti, di recupero dell’esistente, per non far morire una “piccolissima entità territoriale” abitata da pochissime persone …
La descrizione, delicata e “leggera”, corredata da alcune belle foto sul paesaggio ricco di fascino, sulle macerie ancora presenti della tragedia del terremoto, sulla commemorazione del centenario del sisma e “sull’abito femminile”, invita implicitamente a riflettere sulle sofferenze affrontate dalla popolazione di Frattura dopo il terremoto del 1915 …
Possiamo ringraziare Antonia Anna Pinna per averci permesso di conoscere questa realtà, non dissimile, purtroppo, da tante altre situazioni, in cui si continua a vivere, … come nei piccoli centri “disagiati di montagna” …
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Complimenti per l’articolo e lo dico non solo da fratturese, davvero una bella eco. Da tempo ormai stiamo cercando di rivitalizzare il nostro territorio attraverso anche il nostro piccolo Frattura. Personalmente mi sono dedicato a diverse iniziative atte allo scopo, tra le quali l’edizione di una pubblicazione di racconti (fiabe) fratturesi, di prossima uscita, da me scritti e fondati sulla tradizione orale delle genti fratturesi. Di questi ho già diffuso un caratteristico racconto che mi piacerebbe condividere con la redazione se me ne fosse data la possibilità attraverso un indirizzo mail o tramite la cortese disponibilità di un contatto. In aggiunta ho anche realizzato e pubblicato un brano corale da me composto e presentato proprio in occasione delle commemorazioni del centenario del terremoto ( come da articolo) confluito su un CD che vede musicate, in maniera originale, anche poesie della tradizione fratturese dialettale. Ringrazio sentitamente per lo spazio riservato e per il pregiato lavoro editoriale da voi prodotto.
Marcello Giovannelli.
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Grazie
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Frattura per noi del territorio è un posto dello spirito, riesce a vivere nonostante le sue tante problematiche. L’anno scorso abbiamo percorso il sentiero impervio da Villalago e siamo arrivati negli orti dove si coltivano i fagioli. È stato come arrivare in paradiso, ci accolse Sandro, fratello di Gina, sposata con un Villalaghese e ci dissetammo alla fontana. Ci sono momenti della vita che restano scolpiti nel nostro essere. Frattura vive in molti di questi miei murale. Grazie Marcello Giovannelli.
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Una mia raccolta di poesie si intitola proprio Sentiero impervio e la copertina ritrae un’immagine di quel cammino.
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