Canti popolari raccolti da Oreste Conti nel Libro “Letteratura Popolare Capracottese” edito da Luigi Pierro, Napoli 1911[1]. Le foto sono state selezionate ed aggiunte da Enzo C. Delli Quadri
.D’estate, quando i nostri monti, ergentisi verso l’infinito del cielo, sono rivestiti di verde, i pastori tornano ai patrii lari, e, nel loro tenero trasporto di gioia, con il viso illuminato, cantano, al lume della luna, l’inno dell’amore, che sfiora ogni casa addormentata, siccome l’ala di un notturno uccello (Oreste Conti).
Canto 71
Arai di Capracotta, aria gentile;
beato chi ha, là, l’innamorata.
Canto 72
In mezzo alla strada c’è un bell’odore
chi ce l’ha messa tanta maggiorana?
Vorrei che s’affacciasse la padrona,
e un rametto volesse dare:
metterlo vorrei al mio balcone,
per gentilezza mai seccherebbe.
[1] Nota dell’autore: per 4 anni, nel breve periodo delle vacanze estive, mi sono recato tutti i giorni nelle nostre remote campagne, a raccogliere i canti dei nostri montanari, or lamentevoli, or dolci, ma che sempre esprimono il sentimento del mistero della vita, la tristezza impenetrabile dell’ amore.
Inoltre l’autore ci ricorda quel che dicevano:
Giosuè Carducci: Voi potreste, o giovani, andar cogliendo in su la bocca del popolo, da provincia a provincia, la parola, il motto, la imagine, il fantasma che è testimonianza alla storia di tanti secoli; …… voi potreste così ricomporre la demopsicologia dell’Italia e dai monti alle valli, cooperante la natura, ritessere per tutto il bel paese la poesia eterna, e non più cantata, del popolo.
Giuseppe Giusti: So che amo il popolo vero e che mi tengo ad onore di battezzare nell’inchiostro i modi che gli nascono vivacissimi sulle labbra, e che molti non ardiscono di raccogliere, come se scottassero.